Aspetto con ansia il 5 dicembre. Quel giorno –
ritardatari a parte – dovrebbero essere finiti gli outing referendari che da settembre vedono schieramenti del sì
contrapposti a schieramenti del no, con immense cacofonie internettiane. La
rete sa amplificare l’ignoranza del popolo italiano e trasformare una grande chance di comunicazione e di confronto democratico
in un festival dell’offesa gratuita e del muro contro muro. Perché questa incapacità
ad accettare il punto di vista dell’altro? Perché questo dover per forza essere
omologati, a ogni costo? Poco fa, l’ultimo esempio: un sobrio personaggio dello
spettacolo esprime il suo voto pubblicamente e la prima reazione è un: “Da te
proprio non te l’aspettavo, non saremo mai più amici su Facebook”. Questo, dunque, siamo diventati? O ci hanno fatto
diventare? Individui rigidi, imbalsamati, chiusi in un recinto che è poi quello
della costante autodifesa?
Io non farò alcun outing
referendario, benché persone continuino a chiedermi di farlo, inclusa una
studentessa nell’ultimo incontro pubblico avuto in una scuola, lo scorso sabato.
Non faccio outing
perché non ne ho voglia e perché ne ho il diritto. E non lo faccio perché ho
anche un dovere professionale: chi fa il mio mestiere non dovrebbe schierarsi
per un padrone politico o per l’altro, ma dovrebbe limitarsi a mettere a
disposizione dei lettori e degli ascoltatori elementi utili a farsi una propria
idea. Poi, in privato, dovrebbe difendere i valori e i principi della
Costituzione. Come dovrebbero fare tutti. Sarebbe ora di farla finita coi
giornalisti spudoratamente schierati e sarebbe il caso che la professione
giornalistica cominci a rimboccarsi le maniche per recuperare quella
obiettività, quella oggettività e quell’opportuno distacco che costituiscono
parte dell’etica professionale e dei doveri deontologici della categoria. Chi
la pensa diversamente ha il diritto di farlo, esattamente come chi voterà sì o
chi voterà no al referendum. Punto.
Due cose, secondo me, sono importanti in riferimento
al voto referendario del 4 dicembre:
1. prendere la Costituzione e confrontarne il testo
con quello modificato qualora dovesse vincere il sì: quale ci convince di più e
da quale ci sentiamo più protetti e rappresentati?
2. a quel punto, consapevoli e informati, e senza
mediatori e banditori televisivi a importunarci, prendere la tessera elettorale
e recarsi al seggio per svolgere il proprio diritto-dovere di cittadini.
Che vinca il no o il sì, il 4 dicembre sarebbe bello
che una valanga di schede sommergesse i politicanti di tutti gli schieramenti,
facendo capire loro che i cittadini italiani non abdicano e non rinunciano al
loro diritto-dovere costituzionale e hanno capito quale sia la vera, grande
forza dello strumento referendario.
E speriamo che dal 5 gli outing cessino e tutto sia resettato per ricominciare,
possibilmente con più rispetto reciproco di quanto se ne sia visto,
dolorosamente, negli ultimi mesi.