mercoledì 1 ottobre 2014

"I bastardi di Sarajevo"/Anteprima: la prefazione di Riccardo Noury


Come promesso, è un piacere e un onore sottoporre all'attenzione di chi ne avrà desiderio la lettura in anteprima della prefazione che Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International, ha regalato a I BASTARDI DI SARAJEVO, il mio nuovo libro in libreria dalla seconda metà di ottobre.

Nel giro di poche ore – si legge nelle pagine di cronaca di un quotidiano di Sarajevo – un manifestante filosofo di scuola hegeliana, due fratellini di 12 e 13 anni, un criminale di guerra riciclatosi nella delinquenza comune e due sorelle orfane di guerra muoiono: uccisi i primi quattro, morta di tumore la sorella maggiore, suicida l’altra.
Non è un giallo, quello di Luca Leone. Il colore dominante de I bastardi di Sarajevo è il nero: non solo come genere letterario noir, quanto soprattutto come colore dell’umore del presente e prospettiva del futuro. Siamo nell’amarissimo e infinito dopoguerra del Paese distrutto dagli appetiti territoriali serbi e croati e sminuzzato dagli Accordi di Dayton che, eccezione alla regola che una guerra finisce quando uno vince e l’altro perde, hanno fatto vincere tutte e tre le leadership nazionaliste (“i bastardi”) e hanno fatto perdere un popolo.
Bastardi piccoli e meschini, come quelli che durante l’urbicidio di Sarajevo andavano a comprare cibo dagli assedianti per rivenderli al mercato nero ai loro concittadini assediati.
Bastardi grandi, altrettanto meschini, come i leader politici che gestiscono traffici di ogni genere, organizzano omicidi di giornalisti scomodi e, di fronte alle proteste popolari contro la fame, la disoccupazione, le pensioni insultanti, abbandonano i palazzi del potere da un’uscita sotterranea. Persone “appartenenti a un’umanità deforme e moralmente immonda”, nelle parole di un saggio professore universitario, attraverso il quale Leone illustra la bellezza e anche la malinconia di Sarajevo.
Poi ci sono i bastardi free-lance, in vendita al migliore offerente, di quelli che vanno in giro guidati da un navigatore interiore che li porta dove c’è sangue fresco, dove c’è corpo di donna da umiliare, dove ci sono cervelli da far saltare. Bastardi da trasferta, italiani, che organizzano il weekend del cecchinaggio – partenza il venerdì sera dalla pianura padana, un giorno e mezzo di omicidi di civili dalle alture di Sarajevo, notte con schiave del sesso locali e rientro in Italia, in tempo per una buona cena con moglie e figli e per arrivare freschi e riposati a dirigere la fabbrica il lunedì mattina – e che quando la guerra è finita continuano a offrire i loro servizi per un weekend di caccia di frodo (orsi, lupi o bambini, trentamila euro tutto incluso).
La Sarajevo che Leone descrive è una Sarajevo ancora sotto assedio. (Riccardo Noury)