I serbi di Bosnia ce l’hanno con l’Alto rappresentante della comunità
internazionale Valentin Inzko, chiedendone a gran voce le dimissioni. Non è una
novità: tra il diplomatico austriaco e Banja Luka non è mai sbocciato l’amore e
va riconosciuto che Inzko a volte ha anche mostrato i muscoli, cosa non del
tutto scontata per un Alto rappresentante (e decisamente apprezzabile). L’ultima
crisi tra le due parti è esplosa negli ultimi giorni, dopo che Inzko ha avuto l’indelicatezza,
dal punto di vista diplomatico, di criticare il delirante discorso del secessionista
e ultranazionalista presidente serbo-bosniaco Milorad Dodik in occasione della
festa incostituzionale del 9 gennaio, scelta dal neo-fascismo serbo-bosniaco
come data fondativa di uno Stato – la Repubblica serba di Bosnia – che è in
realtà un’unità amministrativa, per di più fondata sulla pulizia etnica.
L’errore di Inzko è stato però quello di paragonare i serbo-bosniaci agli ustaša croati dello Stato indipendente
di Croazia, fondato da Ante Pavelić durante la seconda guerra mondiale sotto l’ala
protettiva di due maestri dell’orrore del calibro dell’italiano Mussolini e del
tedesco Hitler. Perché scomodare gli ustaša,
caro Alto rappresentante? Sono fascisti croati da sempre nemici mortali dei
fascisti serbi. Sarebbe bastato definire gli estremisti serbo-bosniaci per
quello che sono, dei nipoti dei četnici
di Mihalović (anch’essi alleati del nazismo durante la seconda guerra mondiale)
e avrebbe espresso compiutamente un pensiero largamente condiviso, rischiando –
almeno per una volta – di attirarsi persino le simpatie degli oggetti della sua
polemica…