venerdì 13 gennaio 2017

Bosnia, lo “scivolone ustaša“ di Inzko e l’onore ferito dell’estremismo serbo-bosniaco

I serbi di Bosnia ce l’hanno con l’Alto rappresentante della comunità internazionale Valentin Inzko, chiedendone a gran voce le dimissioni. Non è una novità: tra il diplomatico austriaco e Banja Luka non è mai sbocciato l’amore e va riconosciuto che Inzko a volte ha anche mostrato i muscoli, cosa non del tutto scontata per un Alto rappresentante (e decisamente apprezzabile). L’ultima crisi tra le due parti è esplosa negli ultimi giorni, dopo che Inzko ha avuto l’indelicatezza, dal punto di vista diplomatico, di criticare il delirante discorso del secessionista e ultranazionalista presidente serbo-bosniaco Milorad Dodik in occasione della festa incostituzionale del 9 gennaio, scelta dal neo-fascismo serbo-bosniaco come data fondativa di uno Stato – la Repubblica serba di Bosnia – che è in realtà un’unità amministrativa, per di più fondata sulla pulizia etnica.
L’errore di Inzko è stato però quello di paragonare i serbo-bosniaci agli ustaša croati dello Stato indipendente di Croazia, fondato da Ante Pavelić durante la seconda guerra mondiale sotto l’ala protettiva di due maestri dell’orrore del calibro dell’italiano Mussolini e del tedesco Hitler. Perché scomodare gli ustaša, caro Alto rappresentante? Sono fascisti croati da sempre nemici mortali dei fascisti serbi. Sarebbe bastato definire gli estremisti serbo-bosniaci per quello che sono, dei nipoti dei četnici di Mihalović (anch’essi alleati del nazismo durante la seconda guerra mondiale) e avrebbe espresso compiutamente un pensiero largamente condiviso, rischiando – almeno per una volta – di attirarsi persino le simpatie degli oggetti della sua polemica…