“Quando dicevo a Jean-Marie che i giochi
di potere non hanno un luogo o un tempo storico, ma sono sempre esistiti, lui
mi rispondeva che la differenza è che, ancora in molti posti del mondo compreso
il Burundi, ci sono massacri e uccisioni di persone innocenti.
Il sogno di Jean-Marie e di tanti
burundesi si è realizzato?
La democrazia non deve essere solo
raggiunta politicamente, ma difesa e mantenuta ogni giorno nelle coscienze di
tutti, ovunque nel mondo.
L’arrivo a Bujumbura dell’attuale
presidente è stato quantomeno curioso. Si racconta sia entrato dal nord, in
bicicletta; comunque ha atteso pochissimo, purtroppo, ad agire in modo ‘poco
democratico’. Ogni tanto qualche giornalista è imprigionato con motivazioni
strane, a volte assurde. Alcune persone spariscono da un giorno all’altro e non
se ne sa più niente. I posti di prestigio sono affidati quasi esclusivamente a
parenti e amici.
In
questi ultimi anni mi sono interrogata tante volte su quale fosse il mio
compito o su quale ruolo potessi giocare in questa situazione. Ho cercato di
raccontare un Paese africano alla mia gente, sperando con questo di rendere il
Burundi e l’Africa meno lontani, meno esotici e incomprensibili, con la
speranza che ciò potesse rendere più sensibili ai drammi e alle speranze di
questo popolo”.
Burundi,
la terra del dolore e del silenzio, di
Maria Ollari, è una testimonianza dall’interno di un’infermiera
italiana che conosce il Paese africano dalla fine degli anni Settanta e ne
racconta la guerra, gli intrighi, il colpo di stato militare, i ripetuti
massacri su base etnica fino ai più recenti avvenimenti.