martedì 11 febbraio 2014

Bosnia, i nazionalisti vogliono trasformare la protesta di piazza in scontro etnico

Le proteste di piazza – anche violente, purtroppo – che la scorsa settimana hanno scosso la Bosnia Erzegovina sono state, come c’era da temere, oggetto di inevitabili strumentalizzazioni da parte dell’estremismo politico serbo, serbo-bosniaco e croato. Così, mentre i cittadini, arrabbiati contro i politici corrotti e inetti e per il gravissimo livello della disoccupazione (che ormai oscilla tra il 45 e il 50 per cento della popolazione attiva) scendevano in piazza per rivendicare i loro diritti, chiedere le dimissioni dell’intera classe politica ed elezioni anticipate, i tromboni della propaganda ultranazionalista si mettevano immediatamente in funzione per ricominciare a suonare la marcia funebre di stupidità e ignoranza grassa che tanti morti e tanta distruzione ha provocato nella ex Jugoslavia negli anni Novanta dello scorso secolo.

“Sapevamo che qualcosa doveva succedere, ma quello che non ci aspettavamo è la violenza delle proteste che si è manifestata il secondo giorno, mercoledì scorso. – mi ha detto una fonte molto bene informata di Tuzla, città epicentro delle proteste – Per fortuna i giovani, i più numerosi ad aver partecipato alle proteste, ben presto hanno capito quello che è successo e immediatamente si sono attivati per riparare e ripulire ciò che è stato danneggiato”.

Qualche manifestazione continua a svolgesi in modo del tutto pacifico, e già qualche piccolo segnale – sotto forma di dimissioni di alcuni amministratori e di promesse da parte del governo centrale bosniaco di elezioni anticipate – sembra poter essere colto. “Quel che più dispiace apprendere – continua la fonte indipendente di Tuzla – è che, la scorsa settimana, alcuni influenti politici della Serbia, della Croazia e soprattutto della Republika Srpska di Bosnia si sono lasciati andare a dichiarazioni farneticanti e offensive nei confronti dei manifestanti bosniaci”, bollando davanti ai media dei loro Paesi le proteste di piazza contro la corruzione e la disoccupazione in attacchi di stampo etnico contro i rispettivi “popoli”, che si trattasse di croato-bosnaici o di serbo-bosniaci. È il ritornello mortale e devastante che veniva cantato in continuazione dalle sirene – in buona parte rimaste impunite e al potere – del nazionalismo senza vergogna prima che scoppiassero le guerre jugoslave degli anni Novanta. I palloni gonfiati del nazionalismo tornano a soffiare il loro alito infettato di odio, pregiudizio e interesse personale sui popoli ex jugoslavi, con il solito scopo di dividere, contrapporre, creare odio contro “l’altro”. E dando al resto del mondo un’immagine arretrata e tribale delle società ex jugoslave che nulla ha a che vedere con la realtà.

Per fortuna, in mezzo a tanti imbecilli s’è levata anche qualche voce sensata, retta, onesta. Come quella di Aleksandar Popov, esponente del Centro per il regionalismo di Novi Sad, in Serbia, secondo cui – come ha dichiarato a Radio Slobodna Evropa – le dichiarazioni dei politici ultranazionalisti serbi e croati sono uno spudorato “tentativo, con la vecchia ricetta di sempre, di trasformare una protesta puramente di carattere economico, provocata dalla fame e dalla povertà, in discordia, e di mettere fine alla solidarietà sociale, per ricominciare la classificazione dei popoli all’interno di recinti nazionali in cui i popoli stessi tornerebbero di nuovo padroni dei loro destini. Dicendo cose del genere, i politici della Repubblica serba di Bosnia, grazie al sostegno di alcuni politici chiave in Serbia, vogliono ingannare anche la gente della Bosnia Erzegovina con un messaggio di questo tenore: non cascateci, perché si tratta di una trappola  musulmano-croata contro la Republika Srpska. Ma questo è, lo si può ben dire, un vero insulto”, ha dichiarato Popov.

Anche su internet, in questi giorni, persino su siti di lingua italiana, sono cominciate a comparire bugie propagandistiche sulla falsariga di quanto dichiarato da politici estremisti serbi, croati e serbo-bosniaci, con l’ennesima rilettura della recente storia in chiave etnica e fuorviante. Ebbene, a parlare, in Bosnia, non sono politici e politicanti e i loro servi ma il popolo libero. E – vale la pena sottolinearlo più e più volte – le proteste verificatesi in Bosnia la scorsa settimana non sono nate con finalità etniche ma con evidenti e dichiarate finalità economiche e di giustizia. I bosniaci vogliono che i politici corrotti e disonesti se ne vadano a casa (ma il giusto posto, almeno per diversi tra loro, sarebbe la galera, e non solo per loro ma anche per i loro sostenitori internazionali). E forse un certo repulisti civile, democratico e non violento potrebbe non fare male, a questo punto, e con un certo ritardo, anche in altri Paesi dell’area ex jugoslava. Come dire: meglio tardi che mai…