Trovare parole per provare
a raccontare Angelo è impossibile.
Angelo era un uomo
straordinario. Ma non basta questa parola a descriverlo.
Con il dolore nel cuore, è
arduo provare a scendere dal concetto generale al particolare.
Dentro la parola
“straordinario” c’è tanto, probabilmente molto di più di quanto tutti noi
insieme possiamo aver capito di quest’uomo riservato, a volte schivo, animato
da una forza interiore e da una motivazione rare, indomabili.
Straordinario è ciò che
egli è stato per i suoi compagni di lavoro al tempo della dura esperienza
migratoria in Germania. È ciò che è stato per i suoi giovani colleghi
universitari, quando, ormai maturo, ha intrapreso l’amata via dello studio per
coronare un grande sogno. È ciò che è stato per i suoi studenti, quando ha
deciso di dedicarsi all’alta missione dell’insegnamento. È ciò che è stato per
i suoi lettori, una volta che, vinta la sua naturale ritrosia d’uomo che ha
sempre saputo mantenere i piedi per terra, ha capito di avere conoscenze preziose
da trasmettere. Da trasmetterci. È ciò che è stato – straordinario – per tutti
coloro che hanno avuto la fortuna d’incontrarlo lungo il loro percorso di vita.
Persino coloro che, accecati dall’idiozia e dall’ottusità del nazionalismo
balcanico, nel tempo, a causa dei suoi studi e delle sue denunce, lo hanno
minacciato e offeso.
Angelo, da grande
ricercatore storico qual era, non ha mai battuto ciglio ed è sempre andato
avanti per la sua strada. La strada maestra della ricerca della verità. Chino
sui libri, costantemente a caccia di documenti e di verità: così amo ricordarlo
e sempre lo ricorderò. E lo ricorderò in un pranzo di poche settimane fa,
l’ultima volta che potei vederlo di persona da noi, nel modenese, disquisire
con amore con la mia figlia maggiore davanti a un piatto di gnocchi. Scuola,
diritti, libertà, rispetto umano, giustizia, lotta contro l’oscurantismo e il
Male incarnato dagli “ismi” della storia: questi gli argomenti amati da Angelo,
tra gli altri, al centro del suo studio e della sua opera. Fino all’ultimo
grande progetto, quello su quella vergognosa istituzione totale italiana
chiamata ospedale psichiatrico giudiziario, che tanto l’ha appassionato e
fors’anche provato negli ultimi intensi mesi di studio e di scrittura della sua
vita. Il libro è pronto, Angelo, e ad aprile sarai in libreria, come d’accordo.
Lo ripeto: trovare le
parole per raccontare Angelo è difficile, è un’impresa dura anche per chi, come
me, con le parole nella vita s’è costantemente e umilmente confrontato, e fin
qui ha vissuto.
Io credo, sono
assolutamente convinto, che nessuno di noi dimenticherà mai Angelo. Io
personalmente avrò sempre dei punti di riferimento che me lo ricorderanno: i
suoi splendidi libri, l’aspetto sempre curato, la voce bassa ma sicura, la
risata sincera, lo sguardo umile ma penetrante. Ma soprattutto le sue idee. Le
sue idee rappresentano un faro, un punto di vista illuminante sulla storia
europea degli ultimi settant’anni, con un focus fondamentale sulle vicende
balcaniche degli anni Novanta, che rappresentano uno sguardo inedito e
spiazzante su pagine ancora troppo poco studiate della nostra storia
contemporanea.
Credetemi, vi prego: tra
molti anni le ricerche di Angelo saranno ancora attuali e illuminanti, ancor
più di quanto non lo siano oggi, poiché nel presente spesso lo sguardo dei più
non è capace di andare oltre, di vedere oltre, di superare gli stereotipi e,
talvolta, persino posizioni che ricordano il tifo da stadio. Angelo sapeva
farlo, sapeva guardare oltre, sapeva leggere nei dettagli e dare loro una
visione d’insieme. E il patrimonio di studi, di conoscenza e d’amore che ci
lascia rappresenta una pagina fondamentale per tutti noi, una sfida
interpretativa del mondo e dei suoi mali come poche altre. Una ricchezza di cui
i suoi cari devono essere profondamente orgogliosi.
Non dimenticate Angelo. Non dimentichiamo
Angelo. Ci ha dato tanto. Gli dobbiamo molto. E ancora per molto avrà tanto da
insegnarci. Sta a noi capire. Sta a noi impegnarci. E continuare a volergli
bene.