martedì 11 febbraio 2014

La Serbia spaccata in due solidarizza con le proteste in Bosnia (e acclama Mladić...)

Sulla scia delle manifestazioni di pretesta contro la corruzione politica e la crescente disoccupazione – e dei relativi incidenti con oltre duecento feriti e ingenti danni a numerosi edifici governativi e amministrativi – svoltesi in una trentina di città bosniache la scorsa settimana, ieri è andata in scena a Belgrado, capitale della Serbia, una piccola e curiosa manifestazione di una cinquantina di cittadini, in buona parte giovani, a sostegno della sollevazione popolare in Bosnia. Tra gli slogan scanditi dai manifestanti, diversi inneggiavano alla lotta comune dei popoli slavi contro i governi corrotti e protestavano contro “l’Unione europea dei regimi dei tycoon”, che nei Balcani hanno la faccia e il nome degli oltre cinquecento miliardari arricchitisi improvvisamente con la guerra degli anni Novanta e la disgregazione della Jugoslavia.

Notevole il dispiegamento di forze della polizia anche perché, lì accanto, si svolgeva una seconda manifestazione, di segno decisamente opposto. Qualche decina di ultranazionalisti serbi infatti s’era riunita con striscioni e bandiere per inneggiare agli “eroi” dell’estremismo di destra serbo e serbo-bosniaco, i criminali di guerra Radovan Karadžić e Ratko Mladić, oltre che alla Republika Srpska di Bosnia indipendente. I due gruppi non sono venuti a contatto e le manifestazioni si sono concluse pacificamente.

Se questa è la fotografia della Belgrado di oggi, a un estremismo minoritario e a un panslavismo di matrice titina altrettanto esile, fa da contrappeso una maggioranza schiacciante di persone che cercano di far fronte alla crisi economica e alle difficoltà di tutti i giorni,restando politicamente defilate, almeno in pubblico. Salvo poi votare in massa per i movimenti ultranazionalisti, fenomeno che però riguarda spesso più i centri rurali che non le principali città, in cui la minoranza democratica ha una sua mappa ma non ancora una forza e un’unità tali da far sperare a breve in qualche significativo cambiamento di rotta politica. Per quanto in molti sappiano che i problemi della Bosnia Erzegovina, per quanto unici da un punto di vista istituzionale e costituzionale, sono molto simili in tutti i Paesi ex jugoslavi, che ancora devono finire di fare i conti con l’onda lunga degli effetti dello sfaldamento della Jugoslavia e con il terribile decennio di guerre e di stragi degli anni Novanta.