Sulla
scia delle manifestazioni di pretesta contro la corruzione politica e la
crescente disoccupazione – e dei relativi incidenti con oltre duecento feriti e
ingenti danni a numerosi edifici governativi e amministrativi – svoltesi in una
trentina di città bosniache la scorsa settimana, ieri è andata in scena a
Belgrado, capitale della Serbia, una piccola e curiosa manifestazione di una
cinquantina di cittadini, in buona parte giovani, a sostegno della sollevazione
popolare in Bosnia. Tra gli slogan scanditi dai manifestanti, diversi
inneggiavano alla lotta comune dei popoli slavi contro i governi corrotti e
protestavano contro “l’Unione europea dei regimi dei tycoon”, che nei Balcani
hanno la faccia e il nome degli oltre cinquecento miliardari arricchitisi
improvvisamente con la guerra degli anni Novanta e la disgregazione della
Jugoslavia.
Notevole
il dispiegamento di forze della polizia anche perché, lì accanto, si svolgeva
una seconda manifestazione, di segno decisamente opposto. Qualche decina di
ultranazionalisti serbi infatti s’era riunita con striscioni e bandiere per
inneggiare agli “eroi” dell’estremismo di destra serbo e serbo-bosniaco, i
criminali di guerra Radovan Karadžić e Ratko Mladić, oltre che alla Republika
Srpska di Bosnia indipendente. I due gruppi non sono venuti a contatto e le
manifestazioni si sono concluse pacificamente.
Se questa
è la fotografia della Belgrado di oggi, a un estremismo minoritario e a un
panslavismo di matrice titina altrettanto esile, fa da contrappeso una
maggioranza schiacciante di persone che cercano di far fronte alla crisi
economica e alle difficoltà di tutti i giorni,restando politicamente defilate,
almeno in pubblico. Salvo poi votare in massa per i movimenti
ultranazionalisti, fenomeno che però riguarda spesso più i centri rurali che
non le principali città, in cui la minoranza democratica ha una sua mappa ma
non ancora una forza e un’unità tali da far sperare a breve in qualche
significativo cambiamento di rotta politica. Per quanto in molti sappiano che i
problemi della Bosnia Erzegovina, per quanto unici da un punto di vista
istituzionale e costituzionale, sono molto simili in tutti i Paesi ex
jugoslavi, che ancora devono finire di fare i conti con l’onda lunga degli
effetti dello sfaldamento della Jugoslavia e con il terribile decennio di
guerre e di stragi degli anni Novanta.