La notizia giunta dalla Bosnia Erzegovina nel fine
settimana merita una segnalazione: l’ex reis-ul-ulema
e attuale presidente del Congresso mondiale dei bosniaci, Mustafa Cerić, si è
formalmente candidato a conquistare il seggio dedicato ai bosniaci musulmani nella
complicata e immobile presidenza tripartita bosniaco-erzegovese voluta dagli
accordi-Frankenstein di Dayton. Per ottenere questo scopo, Cerić, classe 1952,
dovrà confrontarsi quasi certamente, tra gli altri, col presidente musulmano bosniaco
uscente, il deludente, scialbo e discusso Bakir Izetbegović, nazionalista della
Sda e figlio del cosiddetto padre della patria Alija, e con l’interessante Emir
Suljagić, esponente del Fronte democratico, partito di recentissima formazione,
e soprattutto fondatore e coordinatore della coalizione “Primo marzo”, in cui
sono confluite 44 organizzazioni civili il cui scopo è adoperarsi per la parità
dei diritti civili in tutta la Bosnia.
Cerić ha annunciato la sua decisione durante una
conferenza stampa organizzata nella nuovissima e bellissima biblioteca della
moschea dedicata a Gazi Husrev Bej, uno dei padri fondatori di Sarajevo. Per l’occasione,
l’appesantito ulema ha abbandonato il
tradizionale camice nero per passare a un completo occidentale con tanto di
cravatta, in linea con la sua nuova ambizione politica.
Cerić è universalmente considerato come uno dei
cinquanta leader religiosi musulmani
più influenti – per non dire potenti – al mondo. Negli anni, nonostante nell’universo
islamico sia considerato un moderato, si è segnalato per le sue posizioni di
chiusura verso le altre componenti religiose del complesso panteon bosniaco, e da leader
religioso non ha mai rinunciato a condizionare le scelte degli esponenti
politici della Sda.
Le reazioni alla sua candidatura sono state
contrastanti anche tra i potenziali elettori musulmani. C’è chi pensa, infatti,
che un esponente religioso del suo spessore dovrebbe tenersi lontano dalla
politica. Anche perché l’elezione di una figura smaccatamente religiosa come Cerić
nella presidenza tripartita potrebbe avere effetti piuttosto deleteri nei
rapporti con le altre due componenti religiose maggioritarie, quella ortodossa
e quella cattolica.
In tutto questo, rimangono molti dubbi sulla
lungimiranza di una mossa del genere, che potrebbe portare la Bosnia Erzegovina
sull’orlo di una non più sanabile spaccatura e quel che rimarrebbe del Paese,
ovvero la Federazione di Bosnia Erzegovina, sull’orlo di una anacronistica e
impresentabile repubblica confessionale.
Le elezioni sono state fissate per il 12 ottobre 2014.
Vedremo quali altre discutibili sorprese ci riserverà lo strano zoo della
politica bosniaca. Zoo che, senza ombra di dubbio, dimostra la grande e
drammatica attualità del mio nuovo libro, “I
bastardi di Sarajevo”, in uscita in contemporanea con le elezioni
presidenziali e politiche bosniache.
Da osservatori ci sarà di che divertirsi. Fossi un
cittadino bosniaco-erzegovese, sarei invece parecchio preoccupato, perché mai,
dalle tragiche alluvioni dello scorso maggio a oggi, forse il Paese, e in
particolare la sua politica, era sceso purtroppo così in basso.