sabato 27 settembre 2014

"I bastardi di Sarajevo", una riflessione e molto più del grande traduttore Silvio Ziliotto

Mi è arrivata pochi minuti fa l'introduzione a I BASTARDI DI SARAJEVO, l'ultimo contributo esterno al mio nuovo libro, in uscita a ottobre. L'introduzione è a firma di Silvio Ziliotto, grande traduttore e interprete dal serbo-croato-bosniaco all'italiano, dall'inizio degli anni Novanta e fino a oggi sul campo in Bosnia e nei Balcani, oltre che direttore di Ipsia Milano.
Nelle sue due pagine di introduzione al libro, puntuali, schiette, profonde, a rispecchiare completamente l'incredibile e splendido personaggio che Silvio è, mi hanno fatto venire qualche brivido di emozione in più queste righe:
"La scrittura acre e tosta di Leone manda di morte e polvere da sparo e ci indirizza verso un’Ade balcanica senza ritorno e senza via d’uscita, ove la cartolina ridente della Bosnia Erzegovina e della pittoresca Sarajevo si scolora, accartoccia, annerisce, come buttata nelle braci ardenti del camino della Storia recente, per poi divenire velina nera e negativo evanescente che scompare in cenere".
Perfetto: questo è - anche e non solo - I BASTARDI DI SARAJEVO. Silvio Ziliotto ha colto perfettamente nel segno, come in tutto il resto del suo testo, che conservo qui accanto a me e che lunedì sarà impaginato nel libro, e quindi inviato alle stampe.
In un passaggio successivo, Ziliotto poi aggiunge:
"In un linguaggio spinto, a volte estremo, da spaghetti western re-revisited, e nel racconto serrato emergono, quasi un ossimoro, l’amore e l’interesse dell’Autore per questa terra e la rabbia di chi non si rassegna a tutto quello che accade e lo denuncia: attraverso lo strumento della finzione (ma si tratta di finzione!??) letteraria infatti emergono il talento e la grinta di Leone, il suo mestiere di cronista che tanto ha dato in Srebrenica.I giorni della vergogna, il suo desiderio di raccontare per denunciare ma anche educare".
Anche qui, centro assoluto: chi leggerà I BASTARDI DI SARAJEVO dimentichi i libri precedenti, il linguaggio del reportage o della denuncia. Qui il linguaggio è duro, a volte al limite dell'accettabile per orecchie troppo mielose. Le parole spesso sono parolacce e quando questo non accade i dialoghi ti finiscono addosso come valanghe di pietra e fango. Ho voluto fare un libro cattivo perché vent'anni di Balcani e quarantaquattro d'Italia mi hanno incattivito, indispettito, offeso, ma anche insegnato, irrobustito, reso più determinato e umano. In poche parole, in questo libro, che apparentemente è di finzione, c'è solo vita vera, vissuta, maleodorante, reale, stupendamente e sorprendentemente reale, e in quanto tale tostissima. Perché alle persone reali e normali, la vita non regale niente. Bravissimo Silvio ad aver capito e spiegato tutto questo.
Ricordo che la splendida prefazione al libro è di Riccardo Noury e l'altrettanto bella e profonda postfazione è della sarajevese Eldina Pleho. Sarà mia cura, nelle prossime settimane, farvi leggere in anteprima tutti e tre i testi, per farvi meglio comprendere che cosa esattamente sia il progetto I BASTARDI DI SARAJEVO.