La
mia domanda era: posso riuscire a rappresentare la complessità della situazione
bosniaco-erzegovese, e al contempo di quella italiana, decisamente connessa,
ricorrendo a un mezzo espressivo diverso rispetto al reportage o al saggio,
quindi sulla carta più decisamente abbordabile per un pubblico anche non
particolarmente addentro le vicende belliche e post-belliche balcaniche?
La
risposta a questa domanda m’è arrivata nel 2013, dialogando con un importante intellettuale
bosniaco. Non sono state le cose che quell’uomo diceva a far scattare in me la
scintilla, ma il modo in cui le diceva. Pochi giorni dopo nasceva nella mia
testa il terz’ultimo capitolo del libro che forse leggerete, se ne avrete la
voglia e la pazienza. E da allora, mentre mi cimentavo con le presentazioni di “Mister
sei miliardi” e con la redazione di “Fare editoria”, poco a poco è cresciuto sempre
più dentro di me il desiderio di scrivere questo romanzo. Ma non un romanzo
qualsiasi.
La
mia sfida, infatti, era molto più complessa. Io volevo scrivere un romanzo che,
nel suo svolgimento, fosse rappresentabile e leggibile come un film. Volevo un
romanzo in cui non vi fosse una voce narrante, perché la voce narrante
semplifica troppo le cose per chi scrive, ed è uno strumento abusato da tutti.
Non volevo didascalie. E volevo raccontare in presa diretta, testimoni e
documenti alla mano, il sangue, la carne, il sesso, la vita, la morte di un
popolo, anzi due, anzi ancora di più. Da questa mia esigenza personale è nato
uno studio e poi un lavoro che ha dato luogo a un romanzo corale, che il mio
amico Riccardo Noury non sbaglia a definire noir,
seppur sui generis, che racconta la
Bosnia Erzegovina come credo raramente sia stato fatto prima d’ora.
Ai
lettori, se lo vorranno, l’ardua sentenza.
Prossimamente
pubblicherò qualche altro appunto personale sul libro, spiegando magari anche
la genesi e il significato del titolo, sul quale spero più di qualcuno vorrà
interrogarsi nei mesi a venire.
Il
libro sarà disponibile nelle librerie dalla metà di ottobre circa.
A
presto.