Dalla
Bosnia Erzegovina in mano alle oligarchie politiche e criminali sono andate via
151.000 persone negli ultimi quattro anni. Lo riferisce l’agenzia Fena citando una ricerca compiuta dall’Unione
per il ritorno sostenibile e le integrazioni in collaborazione con un centinaio
di organizzazioni non governative locali. Per una popolazione censita in
occasione del discusso referendum del 2013 in circa 3,5 milioni di persone, si
tratta di un’emorragia spaventosa, l’ennesima negli ultimi venticinque anni. Va
ricordato che oltre un milione di cittadini bosniaco-erzegovesi vive già all’estero
e costituisce la cosiddetta diaspora. La povertà, la criminalità, la mancanza
di lavoro, la radicalizzazione dei nazionalismi, la totale mancanza di risposte
della politica ai bisogni delle persone, i continui scandali, l’assoluta
mancanza di prospettive sono le ragioni principali per le quali le persone
lasciano il Paese, stante anche l’incapacità dell’Unione europea di assumere
decisioni che contrastino con la polarizzazione politica all’interno di pochi
gruppi oligarchici impuniti e sostenuti internazionalmente. Non sono solo i
giovani ad andare via, ma spesso sono le madri di famiglia, che all’estero
cercano di trovare un reddito per permettere alle loro famiglie di sopravvivere
in patria. Intere zone del Paese sono oggetto ormai di un diffuso spopolamento,
come nella Bosnia orientale e in quella settentrionale, ma non è ben chiaro se
si tratti di un preciso disegno politico o di semplice cecità di chi governa.
Quel che è chiaro è invece che appezzamenti sempre più ampi di terreno sono
oggetto dell’interesse di gruppi arabi ed europei, che acquistano a prezzi
irrisori, certo non casualmente.