venerdì 14 luglio 2017

Belgrado, niente processo per otto poliziotti: uccisero 1.313 civili a Srebrenica

Annullato. Questa la decisione presa dalla Corte d’appello di Belgrado in riferimento al processo istituito da un tribunale penale di primo grado serbo per l’assassinio di 1.313 civili musulmano-bosniaci perpetrato a Srebrenica da un gruppo di otto paramilitari serbi, tutti ex agenti di polizia, il cui leader era l’ex poliziotto Nedeljko Milidragović, noto anche col nome di Neđo il macellaio. L’eccidio è avvenuto dei giorni 13 e 14 luglio nel villaggio di Kravice, nei pressi di Srebrenica. Le vittime erano state ammassate in un capannone e sono state trucidate sparandovi all’interno e gettando tra i corpi bombe a mano. I sopravvissuti sono stati finiti con colpi d’arma da fuoco. Al centro della decisione della Corte d’appello di Belgrado c’è un vizio procedurale, che purtroppo annulla quanto fatto fin qui dall’inizio del 2016: le imputazioni contro gli otto paramilitari sarebbero state sollevate, infatti, quando c’era un vuoto di potere all’interno della Procura per i crimini di guerra: il Procuratore Vladimir Vukčević, infatti, era da poco andato in pensione e al suo posto non era ancora stato nominato il successore, la signora Snežana Stanojković, che arrivò a capo della Procura solo nel maggio del 2016.
Felici gli otto presunti criminali e i loro legali, per tacere degli ultranazionalisti serbi e serbo-bosniaci e processo completamente da rifare. Un vero peccato, anche solo considerando l’impegno a oggi piuttosto lasco della giustizia serba per consegnare alle patrie galere le migliaia di paramilitari che si sono macchiati le mani di sangue sia nella guerra di Bosnia che nei conflitti nella Krajina e nella Slavonia croate e nel Kosovo, a oggi assolutamente liberi.