giovedì 24 dicembre 2015

Un Natale 2015 “caldo” per non dimenticare

Sono circa un migliaio i gruppi armati impegnati a vario titolo nel mondo in guerre ad alta, media e bassa intensità che stiamo per traghettare dal 2015 al 2016. E sono centinaia di milioni gli esseri umani nel mondo interessati a vario livello dalle conseguenze degli scontri attivi, al momento, in almeno 57 Paesi o Regioni.
Proviamo a fare una lista di Paesi caldi, regione per regione. Consapevole di averne dimenticato qualcuno. E forse ci renderemo conto che questo Natale sarà sereno, per nostra somma fortuna, per noi e per pochi altri sulla faccia del pianeta. Tiriamo da questa evidenza la certezza d’essere fortunati e lo stimolo a fare qualcosa di più per chi sta peggio di noi, non solo nello spirito del Natale, ma in quello di una fratellanza universale che non può e non deve essere solo un modo di dire, ma un impegno per fare. Prima di tutto per i bambini. Per loro, mai nessuno sforzo può o deve essere vano. Poi per tutti gli altri che stanno soffrendo situazioni spaventose, che spesso non siamo neppure in grado d’immaginare.
Africa: Algeria, Angola, Burundi, Ciad, Camerun, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Kenya, Libia, Mali, Mauritania, Mozambico, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo (solo qui sono attivi non meno di una quarantina di gruppi armati e negli ultimi vent’anni sono morte alcuni milioni di persone), Somalia, Sudan, Sud Sudan, Tunisia, Uganda.
America: Colombia, Messico, Perù.
Asia: Afghanistan, Bangladesh, Birmania, Cina, Filippine, India, Indonesia, Kazakistan, Kirgyzstan, Nepal, Pakistan, Sri Lanka, Tagikistan, Thailandia, Uzbekistan.
Europa: Abkhazia, Azerbaigian (Nagorno-Karabach), Cecenia, Daghestan, Georgia, Kosovo, Macedonia, Ossezia del Sud, Transnistria, Ukraina.
Medio Oriente: Arabia Saudita, Iraq, Libano, Palestina-Israele, Siria, Turchia, Yemen.
La lista è aperta e può essere aggiornata in qualsiasi momento. Andrebbe aggiunta ad esempio la Bielorussia, dittatura europea in cui – unico caso nel continente – è ancora attiva la pena di morte. Ma anche altri Paesi (penso, per dirne qualcuno, a Cile e Venezuela, ma anche al Bhutan e al Sahara Occidentale, per non tacere del Tibet), in cui i diritti della persona sono quotidianamente oggetto di restrizioni e di negazione.
Non credo in Dio, ma se volessi vedere un presepe, quest’anno, mi viene da pensare a un campo profughi, in cui magari sta nascendo uno dei tanti, troppi bambini destinati a essere crocifissi sulla croce della povertà per la sola sfortuna d’essere nati “dalla parte sbagliata” del pianeta. Non è detto che tra loro vi sia un Gesù Cristo. Ma tutti sono sicuramente piccoli che hanno il diritto di vivere e di partecipare alla lotta quotidiana per rendere migliore questo pianeta.
A loro, soprattutto a loro, oggi più che mai va ogni mio pensiero, oltre alla consapevolezza che almeno parte della loro sofferenza dipende dalla nostra apatia e dal nostro egoismo.
Sarà bene dare una svegliata alle coscienze. E non solo per Natale.