Terza edizione di Elba Book Festival prossima al via:
mancano ormai pochi giorni alla sera di martedì 18 luglio quando il centro
storico di Rio nell’Elba si animerà con le proposte editoriali di 24 editori
indipendenti, tra cui le novità e i classici della nostra casa editrice. Ogni
sera, dalle 18,00 a mezzanotte, fino al 21 luglio, un’occasione per curiosare
tra gli stand e incontrare i nostri lettori in vacanza e chi vive all’Elba
tutto l’anno. Vi aspettiamo!
venerdì 14 luglio 2017
Belgrado, niente processo per otto poliziotti: uccisero 1.313 civili a Srebrenica
Annullato.
Questa la decisione presa dalla Corte d’appello di Belgrado in riferimento al
processo istituito da un tribunale penale di primo grado serbo per l’assassinio
di 1.313 civili musulmano-bosniaci perpetrato a Srebrenica da un gruppo di otto
paramilitari serbi, tutti ex agenti di polizia, il cui leader era l’ex poliziotto Nedeljko Milidragović, noto anche col
nome di Neđo il macellaio. L’eccidio
è avvenuto dei giorni 13 e 14 luglio nel villaggio di Kravice, nei pressi di
Srebrenica. Le vittime erano state ammassate in un capannone e sono state
trucidate sparandovi all’interno e gettando tra i corpi bombe a mano. I
sopravvissuti sono stati finiti con colpi d’arma da fuoco. Al centro della
decisione della Corte d’appello di Belgrado c’è un vizio procedurale, che
purtroppo annulla quanto fatto fin qui dall’inizio del 2016: le imputazioni
contro gli otto paramilitari sarebbero state sollevate, infatti, quando c’era
un vuoto di potere all’interno della Procura per i crimini di guerra: il Procuratore
Vladimir Vukčević, infatti, era da poco andato in pensione e al suo posto non
era ancora stato nominato il successore, la signora Snežana Stanojković, che
arrivò a capo della Procura solo nel maggio del 2016.
Felici
gli otto presunti criminali e i loro legali, per tacere degli ultranazionalisti
serbi e serbo-bosniaci e processo completamente da rifare. Un vero peccato,
anche solo considerando l’impegno a oggi piuttosto lasco della giustizia serba
per consegnare alle patrie galere le migliaia di paramilitari che si sono
macchiati le mani di sangue sia nella guerra di Bosnia che nei conflitti nella
Krajina e nella Slavonia croate e nel Kosovo, a oggi assolutamente liberi.
giovedì 13 luglio 2017
Quando due bambini muoiono e insieme non hanno una settimana di vita…

Pensando
a questa piccola vita spezzatasi a Baggiovara dopo settantadue ore di stenti e
speranze dolorose, la mente ha vagato a più di mille chilometri da qui, a un
quarto di secolo fa. A Pionirska ulica
lei di ore di vita ne aveva solo 48. L’hanno bruciata viva con la mamma, il
papà e un’altra cinquantina di innocenti.
Quali
paralleli?
Ambedue
hanno potuto godere troppo poco della vita. Ambedue innocenti vittime.
Entrambi, forse – e questa è la speranza grande e forse non vana – incapaci di
comprendere quanto stesse loro accadendo.
Resta
un dolore immenso, perché quando a pagare sono i bambini è impossibile
rassegnarsi.
Qui
qualcuno ti piangerà per sempre, piccolo sfortunato. Il povero tesoro di Pionirska ulica – che oggi sarebbe una
splendida libellula nel pieno della vita – non ha mai avuto neppure quello. Che
in ogni caso è troppo poco. Speriamo almeno che le vostre stelle brillino
vicine e possiate avere in cielo quegli istanti dolci e felici di gioco che la
sorte, per disegno sconosciuti a avari, vi ha voluto negare.
Riposate
in pace, se potete.
mercoledì 12 luglio 2017
11 luglio, a Banja Luka va in scena il fallimento (per ora) della manifestazione pro-Mladić
Si è
risolta in un nulla di fatto la manifestazione di sostegno al presunto (perché
ancora non condannato) criminale di guerra e genocida Ratko Mladić, che si
sarebbe dovuta svolgere ieri, 11 luglio, nella capitale amministrativa della
Repubblica serba di Bosnia (Rs) Banja Luka. La manifestazione, che si sarebbe
dovuta svolgere nelle strade cittadine al grido di “Siamo dalla parte del
generale Mladić – Basta menzogne su Srebrenica” e che era stata autorizzata, su
richiesta dell’associazione negazionista Zavetnici, dalle autorità
serbo-bosniache, è stata rinviata a data da destinarsi a causa della presunta
mancanza di un numero sufficiente di poliziotti per garantire la sicurezza in
città. Secondo le autorità serbo-bosniache, infatti, il grosso delle forze di
polizia l’11 luglio è stato dislocato a Srebrenica e non esistevano le
condizioni per mandare in scena la manifestazione di Banja Luka, dove gli
organizzatori si aspettavano la partecipazione di un migliaio di negazionisti e
di estremisti portati in strada dai partiti ultranazionalisti.
Probabilmente
si tratta solo di un rinvio e la manifestazione sarà tirata fuori dal cilindro
pieno di menzogne dell’ultranazionalismo serbo-bosniaco appena se ne
presenteranno le condizioni, per gettare ad arte altra benzina sul fuoco del
disagio sociale e politico che caratterizza ormai da anni le relazioni tra
gruppi nazionali in Bosnia Erzegovina.
martedì 11 luglio 2017
11 luglio 1995, la caduta di Srebrenica
Ventidue anni fa, davanti agli occhi del mondo – colpevolmente indifferente – cadeva nelle
mani del generale
Mladić e dei suoi uomini la cittadina di Srebrenica, dopo un assedio
durato tre anni. Ripercorriamo il
giorno chiave grazie al lavoro di ricostruzione storica che è il cuore del
volume Srebrenica.
I giorni della vergogna (Infinito edizioni).
Martedì 11 luglio
1995
Alle 6,00 del
mattino la popolazione si è già riversata nelle strade devastate, in attesa. Al
rumore dei motori degli aerei della Nato non segue il tanto atteso boato delle
bombe. Perché? Alle 9,00 il colonnello olandese ammette davanti ai
rappresentanti della comunità che la sua richiesta d’appoggio aereo è stata
considerata sottoposta in modo non conforme al regolamento. In volo da ormai
più di quattro ore, gli aerei sono in riserva e devono rientrare in Italia, ad
Aviano, da dove sono partiti. Intorno alle 10,30 l’artiglieria serba ricomincia
a vomitare fuoco sulla città. Karremans informa il comando, ma alle 11,00 il
generale Janvier ancora esita a capacitarsi del fatto che i serbo-bosniaci
stiano sferrando l’attacco finale. La gente di Srebrenica è tutta in strada, in
trappola. La città sta per cadere e gli uomini sanno che i primi a subirne le
conseguenze saranno loro. In molti decidono di separarsi dalle famiglie che, in
fin dei conti, restano “al sicuro” con gli olandesi dal casco blu.
Lo stesso
Karremans, secondo molti testimoni, invita gli uomini a prendere la via del
bosco per cercare di sfuggire alla vendetta degli assedianti, accecati dalle
esecuzioni sommarie effettuate dalle forze musulmane nei tre anni precedenti in
una cinquantina di villaggi nei dintorni di Srebrenica, dall’alcol, dalla
droga, dalle menzogne propagandistiche e dalla promessa di bottino. Tra le
12.000 e le 15.000 persone, in gran parte uomini (che costituiranno la cosiddetta
colonna
mista),
scelgono di prendere la strada delle montagne, che passa attraverso i boschi
per arrivare, dopo una roulette russa di una cinquantina di
chilometri di campi minati, dirupi, sterpi e cannonate, a Tuzla, nel territorio
controllato dal governo bosniaco, definito territorio libero. Sarà in
seguito ribattezzata, questa, la Marcia della morte. Almeno
20.000, più probabilmente 25.000, tra donne, bambini, feriti e malati fuggono
invece a piedi verso la lontana base olandese di Potočari. I sopravvissuti
ricordano quella giornata come un inferno in terra, anche per la temperatura,
già a quell’ora vicina ai 35 gradi centigradi.
Alle 12,05 il
generale Janvier autorizza l’intervento aereo. Alle 14,40 – più di due ore e
mezza dopo – due F16
olandesi
sparano altrettanti missili sulle postazioni serbe. Si odono due deflagrazioni,
due tank
centrati,
poi più nulla: così si esaurisce la risposta della comunità internazionale
contro la violazione della Risoluzione 819. Gli assedianti intensificano il
cannoneggiamento della città e minacciano di uccidere gli ostaggi olandesi
oltre che di sparare sugli sfollati inermi. Dall’esterno, da quel momento in
poi, non sarebbe più arrivato alcun aiuto ai dannati di Srebrenica. Gli
olandesi non reagiscono, non sparano neppure un colpo: in compenso, caricano su
qualche camion bianco con la scritta UN i feriti e le donne con i bambini
piccoli, qualche anziano, e velocizzano l’evacuazione verso il compound di Potočari.
Alcuni malati saranno persino “dimenticati” in ospedale.
Alle 16,15 il
generale Mladić, comodamente seduto su una jeep, aggiustandosi
i capelli tagliati di recente entra a Srebrenica e proclama ufficialmente la
conquista della città. Da quel momento in poi qualsiasi azione di stampo
propagandistico sarà ripresa dalla troupe televisiva che
il carnefice serbo-bosniaco porta sempre con sé. (…)
lunedì 10 luglio 2017
Srebrenica, in Senato iniziativa a 22 anni dal genocidio
In
occasione del 22° anniversario del genocidio di Srebrenica si svolgerà il
prossimo 11 luglio 2017, alle ore 12.00 presso la sala “Caduti di Nassirya“ di
palazzo Madama la conferenza stampa dal titolo “In Ricordo del Genocidio
di Srebrenica: 1995-2017”. L’evento è promosso su iniziativa del Senatore Aldo
Di Biagio, membro della Commissione Diritti Umani del Senato, e della Comunità
di Bosnia ed Erzegovina a Roma.
Assieme
al Sen. Di Biagio porterà il proprio saluto il Sen. Pierferdinando Casini,
Presidente della Commissione Esteri del Senato. Seguiranno interventi della
Dott.ssa Vesela Planinic, Ministro Consigliere dell'Ambasciata di Bosnia ed
Erzegovina in Italia, dell’On. Giulio Marcon e della Vicepresidente dell’Associazione
«Bosnia u srcu – Bosnia nel cuore» Slavica Josipovic. Interverranno inoltre il
giornalista e scrittore Luca Leone e il foto-reporter Mario Boccia, di cui sarà
proiettato un reportage fotografico
su Srebrenica. L’incontro sarà moderato da Fatima Neimarlija, Presidente dell’Associazione
«Bosnia u srcu – Bosnia nel cuore».
L'evento
sarà trasmesso in diretta web sulla tv del Senato.
L’accesso
alla sala – con abbigliamento consono e, per gli uomini, obbligo di giacca e
cravatta – è consentito fino al raggiungimento della capienza massima.
Per
accreditarsi inviare mail a: dibiagio.ufficiostampa@senato.it
Srebrenica, 11 luglio 2017: numeri, nomi e fatti da ricordare
Ventiduesimo
anniversario del genocidio di Srebrenica. Le grancasse dei negazionisti suonano
a tutta forza. Nessuna traccia di quell’immateriale facoltà nota come
coscienza. Non pervenuti neppure vergogna e senso del limite.
L’11
luglio 2017 saranno solo 71 i poveri resti di vittime del genocidio sepolti nel
Memoriale di Potočari. Nel 2016 erano stati 127, che avevano portato a 6.504 i
corpi sepolti. All’appello mancano ancora circa 4.000 corpi. Ormai il lavoro di
riconoscimento delle vittime è sempre più lungo e difficile. I resti dei 71
sepolti di domani sono stati ritrovati in trenta diverse fosse comuni, alcune
delle quali secondarie.
Per
la prima volta sarà presente una delegazione di tre parlamentari macedoni.
Nulla invece, come di consueto, dalla patria del negazionismo, Banja Luka, e
dalla sua gemella Belgrado. Anzi, il nuovo presidente Alexandar Vučić,
ultranazionalista prestato per necessità alla causa del “moderatismo”, sarà
addirittura in visita in Turchia, per incontrarsi con un altro “paladino” della
giustizia e dei diritti umani, il suo omologo Recep Tayyip Erdoğan. Pecunia non olet, il denaro non ha
odore. Almeno non a certi livelli. Come noto, né Banja Luka né Belgrado hanno
mai riconosciuto il genocidio di Srebrenica, come Ankara non ha mai
riconosciuto quello degli armeni. Per non parlare di chi oggi ancora non
riconosce l’Olocausto – o di chi l’Olocausto lo ha subìto ma non riconosce
Srebrenica, perché appunto pecunia non
olet e gli interessi della Repubblica serba di Bosnia in Israele sono
sempre più forti, come il giro annuo di soldi. Unico colpo, quello battuto da
Belgrado dalla biografa – ma sarebbe meglio scrivere agiografa – di Radovan
Karadžić e di Ratko Mladić, che avrebbe voluto presentare a Srebrenica, nella
casa della cultura, proprio l’11 luglio, il suo nuovo libro, nel quale i suoi
due eroi di cui sopra vengono glorificati e già assisi in cielo, nonostante
siano ancora tra noi, per quanto almeno al momento in galera (Karadžić
condannato solo a quarant’anni, Mladić in attesa di sentenza di primo grado). L’agiografa
di cui sopra si chiama Ljiljana Bulatović. Magari qualche compiacente editore italiano che la
traduca sarà disponibile a dare voce a questa nuova fanfara della negazione e
della mistificazione. Stando a chi ha letto il libro, tra l’altro, la signora
consiglierebbe di riesumare le bare delle vittime del genocidio e di spostarle
da qualche altra parte nel territorio della Federazione di Bosnia Erzegovina,
così da lasciare il terreno su cui sorge il Memoriale di Potočari a usi
agricoli… Magari la signora dovrebbe fare un giro per la Repubblica serba di
Bosnia: scoprirebbe che sono migliaia e migliaia gli ettari di terreno incolto
a causa dell’incapacità – o forse della spudorata volontà – del governo
serbo-bosniaco di investire per creare posti di lavoro o magari anche solo di
garantire crediti all’agricoltura per meccanizzarla. Ma Dodik i soldi li usa in
altri modi.
Srebrenica, lunedì 10 luglio 1995
I bombardamenti s’intensificano e si
avvicinano alla città. Alle 8,55 il colonnello Karremans chiede appoggio aereo
al quartier generale di Sarajevo per colpire con attacchi selettivi i tank e l’artiglieria
serbo-bosniaci. Alle 11,00 gli aggressori cannoneggiano le postazioni olandesi,
proprio mentre il generale francese Bertrand Janvier respinge la richiesta
dell’ufficiale olandese.
Alle 18,30 Mladić è a un passo dalla
presa dell’enclave
e
passeggia con una mitraglietta in mano su una collina che domina il centro
della città: aspetta questo momento da tre anni. Karremans chiede di nuovo
appoggio aereo.
La gente è tutta in strada, in
allarme. Migliaia di corpi in preda all’ansia e alle peggiori previsioni
bloccano i tank
dell’Onu.
Alle 21,40, finalmente, Janvier accorda l’appoggio aereo, ma la notte nel
frattempo è calata. I serbo-bosniaci sospendono l’attacco; Janvier, da Sarajevo,
fa lo stesso, rinviando la missione aerea all’indomani mattina, all’alba. A
mezzanotte il colonnello Karremans comunica ai capi della città che l’indomani,
alle 6,00 del mattino, 50 aerei della Nato avrebbero attaccato le postazioni
serbo-bosniache.
venerdì 7 luglio 2017
11 luglio, a Banja Luka una manifestazione a sostegno di… Ratko Mladić
Il
presunto criminale di guerra e genocida – va definito così, finché almeno non
ci sarà una sentenza di primo grado a suo carico – Ratko Mladć avrà a suo
favore una “manifestazione di sostegno”, il prossimo 11 luglio, in quel di
Banja Luka, capitale amministrativa dell’Entità della Repubblica serba di
Bosnia (Rs). A favore dell’ex generale, ex comandante della compagnia Drina ed ex capo di Stato maggiore della
Rs si sono mossi alcuni presunti privati cittadini – presumibilmente imboccati
dalle immancabili associazioni dei reduci, a loro volta diretta emanazione dell’estremismo
politico serbo-bosniaco – che hanno avuto oggi l’ok da parte della polizia e
delle autorità di sicurezza di Banja Luka per poter mettere in scena l’ennesima
farsa negazionista di pessimo gusto nel giorno in cui nel resto del mondo si
terranno celebrazioni in ricordo delle oltre diecimila vittime del genocidio di
Srebrenica (11-19 luglio 1995).
giovedì 6 luglio 2017
Sull'approvazione della legge sul reato di tortura
Dopo l’approvazione in via definitiva da parte della Camera dei deputati della legge sul reato di tortura, Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Quella approvata oggi dal Parlamento, che introduce con quasi trent'anni di ritardo il reato specifico di tortura nel codice penale ordinario, non è una buona legge. È carente sotto il profilo della prescrizione. Inoltre, la definizione della fattispecie è confusa e restrittiva, scritta con la preoccupazione di escludere anziché di includere in sé tutte le forme della tortura contemporanea. Permette tuttavia di compiere un passo avanti, anche se incompleto, verso l’attuazione dell’obbligo di punire la tortura imposto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984”. “Nella misura in cui pone fine alla rimozione della tortura, alla sua indicibilità, la legge permette di superare quella situazione di grave inadempimento per cui i giudici italiani erano costretti a mascherare una delle più gravi violazioni dei diritti umani da reato banale, a volte da mero abuso d’ufficio, con la conseguenza di punirla in modo lieve o di non punirla affatto per effetto della prescrizione”.
“Se la definizione accolta non può soddisfare, l’ipotesi di rinviare per l’ennesima volta, nella vaga speranza che un nuovo parlamento sapesse fare ciò che nessuno dei cinque precedenti aveva fatto, sarebbe servita solo a chi – e sono ancora in molti – il reato di tortura non lo ha mai voluto, senza se e senza ma e in qualsiasi modo definito, considerandolo contrario agli interessi delle forze di polizia”.
“Se la definizione accolta non può soddisfare, l’ipotesi di rinviare per l’ennesima volta, nella vaga speranza che un nuovo parlamento sapesse fare ciò che nessuno dei cinque precedenti aveva fatto, sarebbe servita solo a chi – e sono ancora in molti – il reato di tortura non lo ha mai voluto, senza se e senza ma e in qualsiasi modo definito, considerandolo contrario agli interessi delle forze di polizia”.
6 luglio, giornata mondiale del bacio

“Dopo posso darti un bacio?”.
Calcione negli stinchi.
“Ahi!”.
“Ben
fatto, Pauline. Andy, baciare non è come aprire una scatola di tonno, sai?”
dico. Di nuovo la classe si agita, Zyed saltella sulla sedia, in fibrillazione,
soprattutto per la battuta sul tonno, che è strana. Le ragazze ridono tranne
Biondissima, Orietta osserva impacciata, Angela lavora a capo chino. Qualcuno
non ha capito cos’è successo, soprattutto Dromedario Gambastorta, ora
completamente in un altrove indefinito, bocca chiusa e dentoni nascosti”.
(Da
“Baciare non è come aprire una scatolettadi tonno” di Daniele Dell’Agnola, Infinito edizioni)
martedì 4 luglio 2017
Srebrenica, 11 luglio: appuntamento Palazzo Madama, Roma
Iscriviti a:
Post (Atom)