Coincidenza ha voluto che anche la distrazione più grande messa in campo dai
mondiali di calcio sia finita. No non ci hanno distratto dai problemi. Non
credo che quel circo mediatico, oggi che la crisi ancora attanaglia la nostra
pelle, possa avere ancora quella funzione. Giorno per giorno, le proteste
brasiliane, i terribili fatti di Gaza e il riaccendersi di vecchi/nuovi rancori
non può averci distratto. Abbiamo capito quanto Srebrenica abbia insegnato
poco e ci abbia responsabilizzato affinché l’impegno e la lotta strenua per i
diritti non possa permettersi neanche un giorno di ferie. Ora il ricordo
rientra, come un cd nella sua custodia, nel cuore di tutti noi: 175
persone hanno un nome e le relative famiglie possono onorarlo con un fiore a
Potočari. Più di mille conservano alcune speranze, molti di più resteranno dei
poveri umani resti. Da oggi, come sempre, ci impegneremo per la giustizia,
contro l’impunità, contro una comunità internazionale che ha già cominciato i
saldi sui procedimenti pendenti in un Tribunale che è in via di chiusura,
lasciando una Bosnia e tutta l’area dei Balcani focolaio di qualsiasi vendetta.
Oggi non possiamo più ricordare; la nostra memoria deve trasformarsi in
speranza e in lotta per tutti i luoghi del mondo dove è viva l’ingiustizia e la
discriminazione, a cominciare dalle nostre coste, dal rispetto dei diritti
umani fuori dalla porta di casa nostra.
Ma io continuo a vedere quel mare che
mi salva da tanto dolore, è lo stesso di ieri, del 1995, quello stesso mare
Adriatico che mi ha separato dai drammi della Bosnia e di Srebrenica e lui mi
ha fornito un pretesto perfetto: “Erano cose lontane”. Il ricordo si ferma, ma
Srebrenica è parte di me e non cesserà d’esserlo mai… purtroppo.