Le mutilazioni
genitali femminili (MGF), sono
pratiche tradizionali che vengono eseguite principalmente in 28 paesi
dell'Africa sub-sahariana, per motivi non terapeutici. Tali pratiche ledono
fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che ne sono
sottoposte.
L’Organizzazione mondiale per la
Sanità ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica 130
milioni di donne nel mondo, e che 3 milioni di bambine siano a rischio ogni
anno. Il 6 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro
l'infibulazione e le mutilazioni genitali femminili, che, purtroppo, conoscono
una serie di declinazioni e specificità.
Tutte queste mutilazioni ledono gravemente sia la vita sessuale
sia la salute delle donne, ed è a tutela di queste ultime che si adoperano i
movimenti per l'emancipazione femminile, soprattutto in Africa.
Le mutilazioni genitali femminili hanno gravissime conseguenze
sul piano psicofisico, sia immediate (con il rischio di emorragie a volte mortali, infezioni, shock), sia a lungo termine (cisti,
difficoltà nei rapporti sessuali, rischio di morte nel parto sia per la madre
sia per il nascituro).
Per ricordare questa data, ricordiamo che l'argomento è ampiamente dibattuto all'interno del Rapporto 2015-2016 di Amnesty International e regaliamo un estratto dal libro di
Emanuela Zuccalà dal titolo Donne che vorresti conoscere in cui si affronta
questo tema.
Il grande albero protettore delle sue notti di paura sta ancora lì, a presidiare i sentieri dell’infanzia. Nice l’osserva con antica gratitudine, forse pensando che l’acacia sia l’unico personaggio rimasto inerte in questa savana ventosa nel sud del Kenya, sorvegliata dal Kilimanjaro che appare e scompare dietro la corsa delle nuvole.
Per spiegare la
rivoluzione che dal villaggio masai di Nomayianat sta investendo l’intera area,
Nice torna indietro di quindici anni, quando lei era una piccola orfana
terrorizzata che sgattaiolava fuori da casa dello zio per scomparire sotto il
grande albero nell’attesa che le luci del giorno e l’eccitazione per la
cerimonia facessero dimenticare la sua assenza nel conteggio delle bambine da
“tagliare”. Per due volte s’è sottratta in questo modo all’emuatare, il
sanguinoso e ineluttabile rito di passaggio all’età adulta per le femmine,
guidata solo da un istinto infantile impossibile da addomesticare: «Sapevo che
avrei pianto e gridato, condannando la mia famiglia alla vergogna. Durante la
circoncisione, le bambine masai devono stare zitte e ferme sulla pietra, senza
muovere neppure gli occhi, altrimenti nessuno le vorrà in spose. Per questo
sarei fuggita all’infinito. Ma lo zio insisteva, così mi decisi ad affrontare
mio nonno, il capofamiglia: “Non voglio essere tagliata – gli dissi – ho solo
otto anni e, prima di diventare donna, devo finire la scuola”. Lui era
sbalordito ma era un uomo buono: finì per cedere alla mia insistenza».
Oggi Nice Nailantei Leng’ete è una ventitreenne alta e sinuosa,
prossima alla laurea in management sanitario e convinta che bastino un
ideale e una testa dura per ribaltare il mondo. Lei c’è già riuscita qui, nella
società profondamente patriarcale dei pastori masai sparsi per il paesaggio
attorno alla cittadina di Loitokitok. Impegnata fin da adolescente con
l’organizzazione sanitaria Amref («Ero l’unica ragazza del villaggio a
saper leggere e scrivere: mi hanno scelta come mediatrice tra gli operatori e
la comunità masai»), ha trovato la chiave dello sviluppo esorcizzando il suo
spauracchio di bambina: il “taglio”. Perché «una ragazza circoncisa, anche se
ha solo otto o dieci anni, è considerata una donna: deve sposarsi e fare figli.
Abbandonerà la scuola e non saprà fare nulla se non badare alla casa e ai
bambini, perpetuando l’inerzia della sua comunità». La ragazza istruita,
invece, «porta più mucche», sta scritto sulla sua t-shirt: uno slogan
semplice ed efficace che ha indotto a capitolare gli anziani masai
esattamente come la piccola Nice, quindici anni fa, era riuscita a persuadere
suo nonno.
«L’abbiamo ascoltata
perché è una di noi», dice Lemura Nkolepo, anziano del villaggio di Nomayianat,
avvolto nel mantello rosso e appoggiato all’esiere, il bastone simbolo
del potere maschile. «Ci ha spiegato cose che non avevamo mai sentito prima,
dandoci la speranza che, con questa innovazione, potremo tutti prosperare».
(…)
L’eco internazionale non
è tardata: Nice Nailantei Leng’ete è stata invitata a tenere una Ted
Conference ad Amsterdam e un discorso alla Clinton Global Initiative di
New York. «È stato esaltante, come superare un esame importantissimo – confida
– e poiché nessuno all’estero riusciva a pronunciare il mio nome intero, ho
detto a tutti: chiamatemi pure Miss Kilimanjaro, è più semplice». Ha
anche viaggiato in Italia come testimonial di Amref per la salute
materno-infantile in Africa: condannare l’escissione, infatti, è un passo verso
parti più sicuri, e il concetto è arrivato persino a chi sulla circoncisione
femminile ha sempre campato.
La faticosa opera di persuasione, sulla quale in pochi avrebbero
scommesso uno scellino, pare ormai compiuta tra i masai di Loitokitok, e Nice
cammina per la savana come una regina fasciata nei suoi abiti tradizionali
viola e azzurri, salutata e benedetta da tutti come una figlia capace di
bizzarre alchimie. Dal dicembre del 2013 all’aprile successivo, ha sottratto
alla mutilazione genitale 621 ragazze dei distretti rurali, inventandosi un
“rito di passaggio” alternativo che rispetta le usanze masai mondandole dal
sangue. «Siamo diventate donne senza soffrire», sorride Anita, quindici anni,
studentessa della scuola di Inkariak Ronkena. Che racconta: «La cerimonia
d’iniziazione è identica a quella tradizionale, con danze e sacrifici di capre
e mucche, solo che non c’è alcun taglio. Gli anziani benedicono i nostri libri,
i quaderni e le penne, per incoraggiarci a studiare, mentre in passato
auguravano alle ragazze solo di trovare marito in fretta. Prima della festa,
abbiamo seguito un training di due giorni sull’educazione sessuale,
l’igiene personale, le conseguenze dannose del taglio e i nostri diritti di
donne».
(…)
«L’istruzione è la nuova
circoncisione, l’autentica iniziazione all’età adulta. – recita un altro slogan
inventato da Nice – Solo andando a scuola, una bimba può diventare la donna dei
propri sogni». E qual è la donna dei tuoi sogni, Nice? Lei alza gli occhi al
cielo nuvoloso, con uno sguardo rimasto bambino, e non tradisce dubbi: «Voglio
diventare la presidente di un’organizzazione con tanti fondi, per poterli
investire nell’educazione di queste ragazze. Solo in loro sta il futuro della
nostra comunità e del nostro Paese».
Il congedo è una danza sulla terra rossa tra canti acuti in onore
di Nice, ambasciatrice di un’Africa che s’è scrollata di dosso il cliché dell’inerzia.