Tremila vittime, tra cui circa seicento donne e circa centotrenta bambini. La più piccola aveva 48 ore di vita. Questi i numeri dell'eccidio verificatosi a Višegrad tra l'aprile del 1992 e l'autunno del 1994.
Višegrad è stata la città in Bosnia Erzegovina in cui le donne hanno pagato percentualmente il prezzo più alto in termini di stupro etnico e di omicidi.
In città fino al Duemila non viveva più neppure un musulmano-bosniaco, la cui comunità, ampiamente maggioritaria, si trovava lì da secoli.
Numeri spaventosi, che hanno reso Višegrad la città in cui si sono svolte le prove generali del genocidio di Srebrenica e la Drina la più grande fossa comune del conflitto del 1992-1995. Nel fiume e nel lago Peručac - con i suoi 55 chilometri di lunghezza perfetto per nascondere i corpi delle vittime - i criminali di Višegrad hanno infatti scaricato il risultato del loro lavoro d'odio.
La giustizia internazionale non ha neanche lontanamente preso in considerazione l'ipotesi di considerare lo stupro etnico operato su larga scala a Višegrad come un crimine di guerra e non ha ritenuto che a Višegrad sia andato in scena un genocidio.
E allora, cosa è stato?
Nessuna risposta. Omertà. La stessa che si respira oggi girando nella città dello stari grad di Mehemed
Paša Sokolović.
Ce ne sono di cose da raccontare, su Višegrad...
Da metà marzo, le racconto tutte. Su ieri e su oggi.