venerdì 31 marzo 2017

Due settimane prima di Pasqua, l’inferno è cominciato a Višegrad

Il 5 aprile 1992 era una domenica, V di Quaresima. Due settimane dopo sarebbe stata Pasqua. Il giorno dopo, 6 aprile, lunedì, sarebbe formalmente scoppiata la guerra in Bosnia Erzegovina. Quella mattina nessuno – per la verità, quasi nessuno… – poteva saperlo.
È inevitabile che i media italiani parlino di Sarajevo per raccontare lo scoppio della guerra. Inevitabile e scontato. Io voglio parlarvi del posto in cui la guerra è veramente scoppiata. La Valle della Drina. Višegrad. Perché è lì, proprio lì, che tutto è cominciato e tutto è finito. E tutto va avanti ancora oggi, come un treno che procede alla massima velocità su sottili binari e con i freni rotti.
Questo, venticinque anni fa, era l’ultimo fine settimana sereno, spensierato, per la popolazione bosniaco erzegovese. Non per tutti, però. Pensate ai due cugini Lukić, Milan e Sredoje. Per loro questo era l’ultimo fine settimana di formazione. Lavoravano per affinare le tecniche, per essere definitivi e impeccabili appena ci fosse stato da entrare in azione. Sredoje, Milan, Niko Vujičić e altri da mesi nei fine settimana si recavano a Sarajevo, alla caserma dell’esercito jugoslavo Viktor Bubanj, trasformata nel 1992, sotto il controllo serbo-bosniaco, in luogo di detenzione, tortura e violenze innominabili nella capitale. Bubanj (1918-1972), per la cronaca, era stato uno dei generali di Tito durante le guerra di liberazione e fin dal 1939 era entrato a far parte del Partito comunista jugoslavo, attivo nella cellula croata di Crikvenica, località un’ottantina di chilometri a sud di Rijeka (o Fiume).
“Dissero – mi ha raccontato qualche mese fa Bakira Hašečić, testimone oculare – d’essersi recati nella caserma intitolata a Bubanj ogni settimana in gruppo, una ventina, per ricevere l’addestramento. Lì imparavano come sgozzare musulmani e croati. Durante l’addestramento il ruolo delle vittime veniva ricoperto da pupazzi e da maiali. Quando Čamil Ramić – un poliziotto che li stava interrogando dopo averli momentaneamente catturati nei momenti in cui scoppiò l’inferno a Višegrad , N.d.a. – ha chiesto loro come avessero fatto a prendere le giornate di lavoro per recarsi ad addestrarsi a Sarajevo, risposero che risolvevano il problema mettendosi in malattia o prendendo le ferie, magari per andare a sciare. Tutto questo era organizzato direttamente dal Partito democratico serbo”.
Tutto è cominciato a Višegrad, come racconto nel mio nuovo libro: VIŠEGRAD. L’ODIO, LA MORTE, L’OBLIO. Qui si sono svolte le prove generali di tutta la guerra e di quel che sarebbe poi accaduto a Srebrenica, più di tre anni dopo. La pulizia etnica, lo stupro etnico su vasta scala, la deportazione, il genocidio, l’accanimento sulla popolazione civile, il furto di qualsiasi bene, l’urbicidio… tutto comincia a Višegrad. Quando leggerete sui nostri media di Sarajevo, dunque, ricordatevi che sotto, che prima, c’è stato molto di più. Ricordatevi di Višegrad.