Il canovaccio del mio piccolo intervento a Portogruaro a fine maggio, per ricordare Angelo Lallo e presentare il suo "Mala dies".
Se
Angelo Lallo potesse essere qui con noi, sorridendo direbbe che stiamo
presentando il suo libro “in contumacia”. Angelo era una persona ironica e
auto-ironica, umile, dedita fino in fondo alla causa che decideva di sposare. E
le sue cause riguardavano sempre i diritti umani e civili, la denuncia delle
brutture dell’umanità, degli attacchi contro la dignità della persona.
Ho
conosciuto Angelo ormai parecchi anni fa. Fu lui a fare il primo passo. Lui e
Lorenzo Toresini m’invitarono a fare un intervento sulla Bosnia Erzegovina in
occasione della presentazione, a Roma, del loro ottimo libro “Il tunnel di
Sarajevo”. Da allora abbiamo cominciato a sentirci sempre più spesso e talvolta
a partecipare agli stessi incontri, sempre sul Paese balcanico, che lui così
profondamente aveva nel cuore.
Un
giorno, poi, arriva la proposta di pubblicare il suo nuovo libro con la nostra
casa editrice. È il 2010, quello che ci proponeva arrivò in libreria nella
primavera del 2011 con il titolo “Il sentiero dei tulipani. Psiconazionalismo
in Bosnia Erzegovina”. Una denuncia potente e coraggiosa contro coloro che
utilizzarono, nei Balcani, le tecniche della psichiatria fondendole al
nazionalismo esasperato, in modo da creare a tavolino attraverso l’uso distorto
dei media un nemico da combattere e distruggere. È l’ormai consueta tecnica
dell’uso distorto della diversità, trasformando un valore di crescita e
sviluppo sociale e culturale in vettore d’infezione: qualcosa da combattere e
da eliminare, anche con la forza, per preservare uno spazio fisico e culturale
a compartimenti stagni che in realtà non esiste. Perché siamo tutti ibridi,
figli di millenni di fusioni, scontri e incontri.
Già
allora Angelo stava lavorando a “Mala dies”. Un progetto che è germogliato
lentamente, dagli anni Settanta, nell’animo dell’uomo e dello scrittore e che,
al termine di un lungo percorso di macerazione e di strutturazione del testo,
nel 2013 è arrivato a germogliare. Il frutto di questo lungo lavoro di ricerca
e di ricordo è appunto “Mala dies”, un libro che ci getta in faccia senza
fronzoli la verità sul male che in Italia viene generato e imposto a migliaia
di persone attraverso uno strumento di controllo e annientamento totale
chiamato ospedale psichiatrico giudiziario.
Per
Angelo l’incubo degli opg è sempre stato presente, ininterrottamente, per
decenni. Bianca – il cui vero nome teniamo e sempre terremo riservato – era
un’amica di Angelo e, dopo tante traversie giudiziarie, non da pericolo per la
società ma da persona “naturalmente contro”, fu rinchiusa in un opg, dove
rimase fino alla fine della sua vita. Il regalo per il cinquantunesimo
compleanno di Bianca fu un elettroshock, il peggiore fin lì mai subito. E
l’elettroshock, badate, non è un reperto di tecnologia dell’orrore oramai
rinchiuso in qualche museo ma è uno strumento che qualcuno, forse più di
qualcuno, ancora ritiene utilizzabile a fine medico e scientifico.
Bianca,
si noti poi, era non ricoverata o reclusa, ma internata in un opg. Questo è un
aspetto centrale nel libro di Angelo, che denuncia con forza non un uso
improprio di termini ma il fatto che culturalmente e nella realtà gli opg siano
equiparati ed equiparabili ai campi di prigionia. Non si usano verbi diversi da
“internare” quando su parla di una persona sbattuta in un campo di prigionia.
Qui si viene internati, non ricoverati o rinchiusi. Stessa identica
terminologia per gli opg: in queste strutture totali si viene internati e poi
si butta la chiave per fare in modo che gli scarti della società non ne escano
più.
“Mala
dies” è tre libri in uno. È, per prima cosa, una denuncia forte e definitiva
dell’istituzione totale chiamata opg e del Paese, l’Italia, che ne fa uso. È,
poi, il “romanzo” di quarant’anni d’Italia e di Germania, con la società
fotografata attraverso le sbarre delle istituzioni totali. Ed è, ultimo ma non
meno importante, il romanzo dell’auspicio della chiusura delle istituzioni totali
a partire dalla storia di un’altra tragica protagonista donna, Nadine, che
durante la Rivoluzione francese si batte, fino a perdere la testa e la vita,
per la chiusura dei manicomi parigini, luogo di detenzione disumana, tra le
proprie stesse feci, di diversi e di oppositori politici. Luogo di eliminazione
fisica prima ancora che di disumana contenzione. Anche perché non di rado, e
non solo nei regimi totalitari, il manicomio è diventato luogo di smaltimento e
di oblio di quei diversi che con le loro idee rischiavano di radere al suolo lo
status quo, quindi gli interessi di chi quello status quo governava e
attraverso il quale si arricchiva.
Essere
qui senza Angelo, nella città che Angelo amava e che ha scelto come luogo in
cui vivere e insegnare, è un dolore immenso. Senza il suo autore, “Mala dies” è
rimasto orfano in un Paese in cui sono gli interessi politici e non la
coscienza a dettare le scelte delle donne e degli uomini.
Angelo
aveva preparato una stagione di lotta dialettica per raccontare, attraverso il
suo capolavoro, “Mala dies”, un’Italia che purtroppo c’è e non dovrebbe
esistere più.
Oggi
tutti insieme siamo qui per ricordare Angelo e per partecipare alla sua lotta
di civiltà e d’amore verso la specie umana, in tutte le sue declinazioni, con
tutti i suoi immensi e talvolta odiosi difetti.
Angelo
non ha mai odiato. Ha sempre amato e cercato, attraverso il dialogo e il
confronto, di capire. Talvolta, Angelo è stato odiato. Come quando ricevette
immagini e messaggi di minaccia per aver denunciato, attraverso “Il sentiero
dei tulipani”, la perversione del regime serbo-bosniaco e le responsabilità
immense di una classe dirigente razzista e nazista nel genocidio umano e
culturale del popolo bosniaco, e segnatamente della sua componente musulmana.
Angelo
è andato sempre avanti per la sua strada, senza mai retrocedere di un passo.
A chi
è rimasto, ora, va la responsabilità di assumersi una parte, anche solo una
piccola parte, dell’eredità culturale e d’impegno civile di un grande italiano,
facendo in modo che il suo impegno di una vita non sia stato invano.
Peccato
che Angelo non possa essere qui a commentare l’approvazione della legge sugli
opg da parte della Camera dei deputati. Un piccolo, tardivo passo verso la
chiusura di questi luoghi che devono quanto prima diventare solo un lontano e
brutto ricordo. Nulla più.