giovedì 5 giugno 2014

Dopo Portogruaro, qualche riflessione su Angelo Lallo, “Mala dies” e opg


Il canovaccio del mio piccolo intervento a Portogruaro a fine maggio, per ricordare Angelo Lallo e presentare il suo "Mala dies".

Se Angelo Lallo potesse essere qui con noi, sorridendo direbbe che stiamo presentando il suo libro “in contumacia”. Angelo era una persona ironica e auto-ironica, umile, dedita fino in fondo alla causa che decideva di sposare. E le sue cause riguardavano sempre i diritti umani e civili, la denuncia delle brutture dell’umanità, degli attacchi contro la dignità della persona.
Ho conosciuto Angelo ormai parecchi anni fa. Fu lui a fare il primo passo. Lui e Lorenzo Toresini m’invitarono a fare un intervento sulla Bosnia Erzegovina in occasione della presentazione, a Roma, del loro ottimo libro “Il tunnel di Sarajevo”. Da allora abbiamo cominciato a sentirci sempre più spesso e talvolta a partecipare agli stessi incontri, sempre sul Paese balcanico, che lui così profondamente aveva nel cuore.
Un giorno, poi, arriva la proposta di pubblicare il suo nuovo libro con la nostra casa editrice. È il 2010, quello che ci proponeva arrivò in libreria nella primavera del 2011 con il titolo “Il sentiero dei tulipani. Psiconazionalismo in Bosnia Erzegovina”. Una denuncia potente e coraggiosa contro coloro che utilizzarono, nei Balcani, le tecniche della psichiatria fondendole al nazionalismo esasperato, in modo da creare a tavolino attraverso l’uso distorto dei media un nemico da combattere e distruggere. È l’ormai consueta tecnica dell’uso distorto della diversità, trasformando un valore di crescita e sviluppo sociale e culturale in vettore d’infezione: qualcosa da combattere e da eliminare, anche con la forza, per preservare uno spazio fisico e culturale a compartimenti stagni che in realtà non esiste. Perché siamo tutti ibridi, figli di millenni di fusioni, scontri e incontri.
Già allora Angelo stava lavorando a “Mala dies”. Un progetto che è germogliato lentamente, dagli anni Settanta, nell’animo dell’uomo e dello scrittore e che, al termine di un lungo percorso di macerazione e di strutturazione del testo, nel 2013 è arrivato a germogliare. Il frutto di questo lungo lavoro di ricerca e di ricordo è appunto “Mala dies”, un libro che ci getta in faccia senza fronzoli la verità sul male che in Italia viene generato e imposto a migliaia di persone attraverso uno strumento di controllo e annientamento totale chiamato ospedale psichiatrico giudiziario.
Per Angelo l’incubo degli opg è sempre stato presente, ininterrottamente, per decenni. Bianca – il cui vero nome teniamo e sempre terremo riservato – era un’amica di Angelo e, dopo tante traversie giudiziarie, non da pericolo per la società ma da persona “naturalmente contro”, fu rinchiusa in un opg, dove rimase fino alla fine della sua vita. Il regalo per il cinquantunesimo compleanno di Bianca fu un elettroshock, il peggiore fin lì mai subito. E l’elettroshock, badate, non è un reperto di tecnologia dell’orrore oramai rinchiuso in qualche museo ma è uno strumento che qualcuno, forse più di qualcuno, ancora ritiene utilizzabile a fine medico e scientifico.
Bianca, si noti poi, era non ricoverata o reclusa, ma internata in un opg. Questo è un aspetto centrale nel libro di Angelo, che denuncia con forza non un uso improprio di termini ma il fatto che culturalmente e nella realtà gli opg siano equiparati ed equiparabili ai campi di prigionia. Non si usano verbi diversi da “internare” quando su parla di una persona sbattuta in un campo di prigionia. Qui si viene internati, non ricoverati o rinchiusi. Stessa identica terminologia per gli opg: in queste strutture totali si viene internati e poi si butta la chiave per fare in modo che gli scarti della società non ne escano più.
“Mala dies” è tre libri in uno. È, per prima cosa, una denuncia forte e definitiva dell’istituzione totale chiamata opg e del Paese, l’Italia, che ne fa uso. È, poi, il “romanzo” di quarant’anni d’Italia e di Germania, con la società fotografata attraverso le sbarre delle istituzioni totali. Ed è, ultimo ma non meno importante, il romanzo dell’auspicio della chiusura delle istituzioni totali a partire dalla storia di un’altra tragica protagonista donna, Nadine, che durante la Rivoluzione francese si batte, fino a perdere la testa e la vita, per la chiusura dei manicomi parigini, luogo di detenzione disumana, tra le proprie stesse feci, di diversi e di oppositori politici. Luogo di eliminazione fisica prima ancora che di disumana contenzione. Anche perché non di rado, e non solo nei regimi totalitari, il manicomio è diventato luogo di smaltimento e di oblio di quei diversi che con le loro idee rischiavano di radere al suolo lo status quo, quindi gli interessi di chi quello status quo governava e attraverso il quale si arricchiva.
Essere qui senza Angelo, nella città che Angelo amava e che ha scelto come luogo in cui vivere e insegnare, è un dolore immenso. Senza il suo autore, “Mala dies” è rimasto orfano in un Paese in cui sono gli interessi politici e non la coscienza a dettare le scelte delle donne e degli uomini.
Angelo aveva preparato una stagione di lotta dialettica per raccontare, attraverso il suo capolavoro, “Mala dies”, un’Italia che purtroppo c’è e non dovrebbe esistere più.
Oggi tutti insieme siamo qui per ricordare Angelo e per partecipare alla sua lotta di civiltà e d’amore verso la specie umana, in tutte le sue declinazioni, con tutti i suoi immensi e talvolta odiosi difetti.
Angelo non ha mai odiato. Ha sempre amato e cercato, attraverso il dialogo e il confronto, di capire. Talvolta, Angelo è stato odiato. Come quando ricevette immagini e messaggi di minaccia per aver denunciato, attraverso “Il sentiero dei tulipani”, la perversione del regime serbo-bosniaco e le responsabilità immense di una classe dirigente razzista e nazista nel genocidio umano e culturale del popolo bosniaco, e segnatamente della sua componente musulmana.
Angelo è andato sempre avanti per la sua strada, senza mai retrocedere di un passo.
A chi è rimasto, ora, va la responsabilità di assumersi una parte, anche solo una piccola parte, dell’eredità culturale e d’impegno civile di un grande italiano, facendo in modo che il suo impegno di una vita non sia stato invano.
Peccato che Angelo non possa essere qui a commentare l’approvazione della legge sugli opg da parte della Camera dei deputati. Un piccolo, tardivo passo verso la chiusura di questi luoghi che devono quanto prima diventare solo un lontano e brutto ricordo. Nulla più.