Stasera, alzando gli occhi al cielo non potremo fare a meno
di ripensare alle origini del mito di Giove nella tradizione degli antichi
greci, raccontata da Daniele Scaglione in “Le
storie che costellano il cielo”. Vi regaliamo la parte dedicata al re dell’Olimpo, insieme
a preziosi consigli su come trovarlo nel cielo stellato.
“Giove ci va a spasso nel cielo, e lo fa con
sfoggio di potenza. D’altra parte è il re. Prima comandava Saturno, suo padre.
Un giorno questi parla con un veggente. «Sovrano dei cieli e della terra, sta
per nascere chi ti toglierà il potere», gli dice l’indovino. «Ohibò, questa
storia non mi piace per niente. – replica Saturno – E chi sarà a farlo?». «Uno
dei tuoi figli», è la risposta. “Quand’è così – pensa il dio – so cosa devo
fare”. Ogni volta che a sua moglie Opi iniziano le doglie, il dio sta pronto a
intervenire. Come il piccolo sbuca, oplà, se lo ingoia. Dopo quattro figli
ingurgitati, Opi perde la pazienza. Tutte quelle gravidanze per niente. Così,
appena nato il quinto bebè, la donna ha la prontezza di sostituirlo con un
pietrone. Saturno, abituato a mandare giù figli senza neppure assaggiarli,
ingoia il sasso e non s’accorge di niente. Il bimbo viene chiamato Giove e
fatto crescere di nascosto dal padre. Quando è sufficientemente forte e
robusto, lo va a incontrare. «Scusa papà, ti sembra una bella cosa aver messo
in pancia i miei quattro fratelli? Facciamo un accordo: se li cacci fuori e
poi ti ritiri a vita privata senza fare storie, dimentichiamo tutto». Saturno,
impressionato dalla possanza del suo figliolo, obbedisce docilmente. Tira fuori
la pietra che credeva fosse Giove e i suoi quattro fratelli: Cerere, Nettuno,
Plutone e Giunone.
Benché il momento non sia propriamente
romantico, Giove s’innamora di una delle due sorelle. Giunone, vuoi perché
quel giovane è proprio bello, vuoi per riconoscenza, ricambia. Così si
fidanzano e quello è forse il loro unico momento sereno insieme. Definire
tormentata la loro relazione è poco e i loro litigi hanno parecchie
conseguenze su noi dèi, sugli esseri umani, sugli animali…”
E ora, qualche consiglio per orientarsi, sempre grazie a Daniele
Scaglione
“Gli antichi si accorsero che tra tutti i
punti luminosi sopra di loro ve ne erano cinque, come dire, “anomali”. Tre di
loro, per alcuni periodi, erano nettamente più luminosi delle stelle. Sono
Venere, Giove e anche Marte, mentre Saturno è un po’ meno brillante. (…) Altra
cosa che notarono gli antichi è che la luce di questi cinque oggetti è fissa,
non tremula come quelle degli altri (oggi sappiamo anche perché: c’entra il
fatto che sono molto, ma molto molto più vicini alla Terra di quanto non lo
siano le stelle). Un’altra cosa che probabilmente avevano notato i Greci e gli
altri popoli che iniziavano a osservare il cosmo è che queste luci non si
adeguavano a nessuna costellazione: passavano da un disegno in cielo
all’altro. Facevano un po’ quello che gli pareva: come gli dèi, appunto.
Giove, da buon sovrano, mantiene il controllo della situazione. La
sua luminosità, anche nei momenti di massimo splendore, è minore di quella di
Venere, però mantiene salda la posizione in cielo per parecchio tempo nel corso
della notte. La sua luce biancastra, fissa e tranquilla, dovrebbe essere
facilmente reperibile. Osservare Giove già solo con un buon binocolo può dare
una grande soddisfazione: scorgere i suoi quattro satelliti medicei, scoperti
nel 1610 da Galileo (anche se pare che pure il tedesco Simon Marius, qualche giorno
dopo, sia riuscito a osservarli, indipendentemente. I due litigarono non poco).
Si tratta di Io, Ganimede, Europa e Callisto, i più grandi e luminosi tra gli
oltre sessanta satelliti del pianeta”.