Per
il fine settimana potrebbe essere molto istruttiva la lettura dell’ottimo
articolo di Andrea Zambelli, pubblicato su Eastjournal,
nel quale si racconta la pessima figura rimediata da José "Pepe" Mujica lo scorso 27
giugno a Višegrad, ospite del presidente della Repubblica serba di Bosnia, “l’orso”
Milorad Dodik, e del suo amico preferito Emir Kušturica, un tempo apprezzato (e
sopravvalutato) regista, oggi costruttore di città ridicole e sostenitore
convinto dell’ultranazionalismo serbo-bosniaco.
La
questione non riguarda la presenza di Mujica a Višegrad, quanto le ragioni di
questa presenza. Da un uomo come Mujica ci si aspetterebbe una visita rispettosa
e commossa alle vittime – almeno 3.000 musulmani bosniaci – della pulizia
etnica serbo-bosniaca, ovvero dei predecessori di Dodik, messa in atto tra il 1992
e il 1993. Invece Mujica si è recato nella dolente, muta, avvilita e avvilente Višegrad
per stringere la mano al successore dei responsabili di Višegrad, fino ad
accettare la consegna ufficiale di un riconoscimento formale quale la medaglia
d’argento dell’Ordine della Republika Srpska. Onorificenza, tra l’altro, creata
da Radovan Karadžić nel 1993 per premiare coloro che si fossero distinti per
meriti speciali a vantaggio dell’entità serbo-bosniaca, costruita sul genocidio
e sulla pulizia etnica tra il 1992 e il 1995.
Poiché
credo nella buona fede di un grande uomo come Mujica, penso che la colpa
indelebile di questa buffonata in chiave serbo-bosniaca sia da imputare ai
consiglieri dell’ex presidente uruguayano, il cui percorso politico e di vita è
troppo importante per credere che improvvisamente sia diventato un sostenitore
dell'ultranazionalismo balcanico. Magari avrà pagato anche per i consigli di qualche
amico italiano, chissà… ma senz’altro ha macchiato profondamente la sua
immagine.
Mujica
non è il primo né purtroppo sarà l’ultimo uomo politico – o annoiato
intellettuale radical chic, come ce
ne sono molti nei salotti italiani – a confondere l’anti-imperialismo e l’anti-americanismo
con il sostegno a personaggi dal cupo passato e dal non meno cupo presente. Si
può forse essere anti-americani facendo di tutta l’erba un fascio. Ma non si
può arrivare a sostenere chi si ammanta di un anti-imperialismo di maniera solo
per raggiungere i suoi più o meno loschi fini, poggiando le radici del proprio
potere e della propria ragion d’essere sul genocidio umano e culturale di un
intero popolo. Da tempo Dodik lavora instancabilmente per circondarsi di belle
figurine per dimostrare che la Repubblica serba secessionista gode di sostegni
e immunità a ogni livello. Lo ha fatto, grazie al genio ribelle dell’ex regista
Kušturica, con Monica Bellucci. Lo ha fatto ancora con Mujica. Lo ha fatto in passato e lo farà ancora.
Approfittare
della buona fede e della storia di un uomo anziano come Mujica è solo l’ennesimo
gesto sgarbato e privo di classe del duo Dodik-Kušturica, capaci di calpestare
tutto e tutti pur di arrivare a meta. Saperlo può salvare da brutte figure e da
molti imbarazzi. Ma resta il fatto che un uomo come Mujica, per non parlare dei
suoi consiglieri, non poteva non sapere di quale ginepraio vi sia in Repubblica
serba e ancor di più in un luogo dell’infamia e del dolore come Višegrad. A
certi livelli, l’ignoranza è un peccato mortale.
Mujica
si scusi con i parenti delle tremila vittime di Višegrad e restituisca la
medaglia a chi gliela ha data. Sarebbero due gesti elementari che potrebbero
almeno in parte salvare la faccia di quello che continuo, nonostante tutto, a
considerare un galantuomo.