Il
ricordo di Srebrenica oggi è affidato a Marco Travaglini, autore di Bosnia,
l’Europa di mezzo. Viaggio
tra guerra e pace, tra Oriente e Occidente
Ogni volta che
torno da Srebrenica e da Potočari, porto con me le
immagini del filmato che documenta lo sporco “lavoro” degli “Scorpioni”, delle
truppe paramilitari d’assalto, delle milizie del boia Mladić. Si
filmarono da soli, in preda a un delirio di onnipotenza, per testimoniare le
loro nefandezze. Si vedono mentre inseguono i fuggiaschi nei boschi, puntando
le armi su una fila di bosniaci disperati. Sanno cosa fare: prendono un uomo
alla volta, lo portano in mezzo alla boscaglia, gli sparano. S’intuisce la loro
richiesta prima di ogni esecuzione: “Guarda per terra”. Poter non guardare in
faccia la propria vittima, hanno spiegato gli psicologi, è ciò che serve anche
al più duro dei criminali per resistere allo stress di un genocidio. È una
richiesta allucinante, come dire “ora ti sparo. Abbassa gli occhi e muori.
Muori, ma non guardarmi”.
Le immagini
scorrono nella fabbrica di batterie fredda e silenziosa, incollando gli sguardi
allo schermo. Un silenzio che si fa ancora più assordante, spezzato di tanto in
tanto da qualche rumore metallico (basta appoggiarsi o inciampare in qualche
struttura per provocarlo e amplificarlo nel vuoto di questi enormi scatoloni di
ferro e cemento). L’atmosfera è sempre pesante e la tensione diventa palpabile,
densa. Un grumo di emozioni s’accumula e fatica a sciogliesi in uno stress
emotivo. Viene il magone e in fondo è un atto liberatorio, un modo per
espellere il veleno inoculato negli animi da queste immagini che non sono
tratte da un film ma dalla testimonianza, diretta e cruda, di una realtà
violenta e arrogante. Sembra di udire la voce profonda e un po’ rauca di
Giovanni Lindo Ferretti. Ne immagino la faccia scavata, senza età mentre canta Memorie
di una testa tagliata. Parole che fanno riflettere lì, a Srebrenica.
“Chi è che sa di
che siamo capaci tutti, vanificato il limite oramai. Vanificato il limite,
sotto occhi lontani, indifferenti e bui…Pomeriggio dolce assolato terso, sotto
un cielo slavo del Sud. Slavo cielo del Sud non senza grazia”.
Un limite
oltrepassato, calpestato, negato con un cinismo paragonabile solo alla
pianificazione nazista dell’Olocausto. E tutto questo cinquant’anni dopo. Segno
che la storia, troppe volte, non insegna niente, nonostante offra un infinità
di occasioni su cui riflettere, da cui imparare. Quando si esce da quei
capannoni è come s’uscisse da una tomba. Qui è il cuore della memoria rimossa
dell’Europa, dove esiste un Islam europeo, ma è un’anomalia
che disturba, nello schema dello scontro Oriente-Occidente.
Predrag Matvejević,
scrittore e grande intellettuale balcanico, nato a Mostar, croato-bosniaco con
cittadinanza italiana, un giorno scrisse: “Li
hanno fatti fuori per questo. Sono una complessità intollerabile in un mondo
fatto di bianco e nero. Oggi esiste solo l’Islam che spaventa. Dell’altro chi
se ne frega. I musulmani dal volto umano al massimo si compatiscono, come
quelli di Srebrenica. Chi se ne importa di un popolo che si fa massacrare e poi
non mette nemmeno una bomba? E invece in Bosnia c’e un Islam europeo, che
lascia le donne libere, le gonne corte, che accetta i matrimoni misti e quando
c’è del buon vino lo beve, senza problemi. Una risorsa dimenticata, che si
sarebbe potuta giocare contro i fondamentalisti”.
Pure e semplici
verità che andrebbero considerate come antidoto al delirio del Califfato che
preannuncia attacchi nei Balcani per “difendere i musulmani e terrorizzare
gli infedeli”, richiamandosi proprio a Srebrenica.