Il 6
aprile 1992 in Bosnia Erzegovina rappresenta lo spartiacque tra il prima e il
dopo, tra ciò che era e mai più sarà. È, infatti, la giornata in cui cadono le
prime vittime ufficiali a Sarajevo e in cui l’esercito che fu jugoslavo, la
Jna, toglie le sicure e fa partire le prime bordate di artiglieria pesante su
Višegrad. La gente scappa. I colpi di cannone sono destinati alle case della
maggioranza musulmano-bosniaca. Contestualmente, al confine tra Serbia e Bosnia
Erzegovina vanno ammassandosi i soldati della Jna del Corpo di Ušice. La
maggior parte dei musulmani-bosniaci cerca di sfuggire ai bombardamenti
lasciando come può la città e i villaggi circostanti. Un gruppo di musulmani-bosniaci
reagisce all’aggressione militare delle unità della Jna prendendo in ostaggio alcuni
serbo-bosniaci e occupando la centrale idroelettrica e la diga. Minaccia di far
saltare in aria l’enorme muro di cemento armato che ferma la corsa di milioni
di litri d’acqua dolce. Le conseguenze sarebbero gravissime perché una massa
d’acqua incontrollabile e dalla spaventosa forza bruta si riverserebbe su tutta
quella regione della Bosnia e dilagherebbe poi in Serbia, spazzando via tutto, con
perdite economiche e di vite umane enormi. A capo della banda di cittadini
musulmani di Višegrad c’è Murat Šabanović. I media sono attratti dalla notizia come orsi dal miele. Comincia una
drammatica contrattazione in diretta televisiva, mentre sia Višegrad sia le
cittadine e i villaggi nei dintorni si vanno svuotando ulteriormente per paura
che l’impossibile – la deflagrazione della diga – possa d’incanto rivelarsi
possibile. L’iniziativa di Šabanović e dei suoi ha l’effetto di fermare le
cannonate e di congelare lungo il confine la presenza del Corpo di Ušice. Per
quasi una settimana la regione vive come sospesa in una situazione di stallo,
finché il 12 aprile Šabanović e i suoi cedono, rivelando il bluff. Le forze armate jugoslave
riprendono il controllo della diga e della centrale idroelettrica; il Corpo di
Ušice, il giorno dopo, 13 aprile, un lunedì, entra in Bosnia e lancia l’attacco
contro una Višegrad ormai largamente spopolata.
Il
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