Una gita lunga 220 chilometri, quella sul fiume Lim, che deve il suo nome alla parola latina limes, confine. Parola purtroppo sempre più in voga in Europa, in questi tristi anni di rigurgito estremistico e di chiusura culturale e politica.
Noi - un gruppo di una trentina di amici - ci siamo imbarcati dal porticciolo di Rudo e abbiamo percorso il fiume per pochi chilometri su un battellino bianco spostato da una grande ruota gialla, gustando prelibatezze locali in compagnia del sindaco-architetto Rato Rajak.
Il Lim durante il suo percorso relativamente breve bagna Albania, Montenegro, Serbia e la Bosnia orientale, prima di confluire nella Drina narrata da Ivo Andrić e trasformata dai paramilitari guidati dai cugini Lukić tra il 1992 e il 1994 nella più grande fossa comune liquida della guerra del 1992-1995.
Il panorama vale da solo il viaggio. Ma stando qualche ora in più è bene spingersi fino a Višegrad, il buco nero del neofascismo serbo-bosniaco della Bosnia orientale contemporanea. Lì la meraviglia liquida si chiama, per l'appunto, Drina. Ma l'effetto, se si arriva consapevoli dei crimini efferati compiuti in loco in quegli anni di violenza e di menefreghismo europeo, è ben diverso. La lettura di Višegrad. L'odio, la morte, l'oblio è in grado di darvene uno spaccato credo piuttosto notevole, dal 1992 fino ai nostri giorni. Leggere per credere. E per toccare con mano.