venerdì 26 maggio 2017

26 maggio 1992: a Višegrad va in scena la deportazione e l’eccidio di Bosanska Jagodina


Višegrad, Bosnia orientale, primavera del 1992. Dopo alcune settimane di occupazione da parte dell’esercito regolare jugoslavo, ritiratosi il 19 maggio, la città viene sottoposta al controllo di un gruppo paramilitare guidato dai cugini Milan e Sredoje Lukić, che inaugurano un regime del terrore e dell’orrore. Il 26 maggio del 1992 gli amministratori serbo-bosniaci di Višegrad or­ganizzano un convoglio per deportare i loro concittadini musulmani in Macedonia. Nei pressi di Bosanska Jagodina, diciassette uomini vengono fatti scendere e massacrati davanti a tutti gli altri. I loro resti, sepolti in una fossa comune, tornano alla luce solo nel 2006. Si suppone che l’ec­cidio sia stato realizzato dal gruppo paramilitare delle Aquile bianche, il cui referente principale era Milan Lukić e la cui esistenza era ben nota all’esercito regolare.
In pochi mesi la pulizia etnica ai danni dei musulmani-bosniaci – che costituivano il 64 per cento della popolazione locale – viene portata a termine con operazioni di rastrellamento, deportazioni, omicidi di massa e persino attraverso la combustione, in almeno due casi, di decine di civili all’interno di case private. Circa tremila persone vengono uccise e fatte scomparire.
Lo stupro etnico ai danni di donne, bambini e uomini diviene pratica comune.
Il fiume Drina, mirabilmente cantato dal premio Nobel per la letteratura Ivo Andrić, diviene la più grande fossa comune di quella guerra.
Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio reportage scritto sul campo dal giornalista Luca Leone racconta le vicende, raccoglie le testimonianze di tutte le parti e fa il punto sull’episodio che ha rappresentato la prova generale di ciò che sarebbe accaduto tra il 1992 e il 1995 a Srebrenica, Prijedor, Foča e in altri luoghi passati alla storia per la crudeltà degli eventi verificatisi.
“Venticinque anni di silenzi complici, di rimozione, di inganni e tradimenti. Di quel negazionismo spicciolo che si nutre di ‘letteratura’ cospirazionista e che, per mera affiliazione ideologica, ci spiega ogni tanto con un post tradotto o scritto pure male, che è tutto falso”. (Riccardo Noury)
“Luca Leone questa volta si supera in un libro inchiesta che sa di urla nel silenzio, di disperato tentativo di denuncia; mette in fila nomi e cognomi di chi è stato, di chi ha eseguito, di chi ha stuprato e ucciso, di chi ha deriso, ma anche di chi ha salvato a suo rischio e pericolo in quei giorni, mesi, anni tremendi di morte violenta autorizzata e sdoganata come pratica usuale”. (Silvio Ziliotto)
“Questo libro è importante perché offre una sponda, una voce e – perché no? – una speranza a tutte quelle persone in attesa di giustizia, di un riconoscimento del dolore patito, di pietà umana”. (Marco Travaglini)
“Le ferite che ci portiamo tutti addosso e dentro facilitano non poco il compito di chi vuole dividerci con la propaganda di parte. Viviamo, così, solo da un ciclo di guerra all’altro, mentre quelli sopra stanno bene e noi sotto, purtroppo, subiamo”. (Rato Rajak)

Presento oggi, venerdì 26 maggio, il libro a Modena, alla libreria Emily Bookshop (via Fonte d’Abisso 9/11) alle 18,00. Dialoga con me Simona Minniti.