Si celebra quest’anno oggi, per la prima volta, il 3 ottobre come Giornata
nazionale in memoria della vittime dell’immigrazione. La ricorrenza,
stabilita per ricordare chi "ha perso la vita nel tentativo di emigrare
verso il nostro paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla
miseria", nasce nel solco di una delle peggiori stragi mai accadute sulle
cose italiane, quella che al largo di Lampedusa, il 3 ottobre 2013, appunto,
vide morire 366 migranti.
In occasione della Giornata nazionale, stabilisce l'articolo 2,
sono organizzati su tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e
incontri per sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà civile, al
rispetto della dignità umana e del valore della vita, all'integrazione e
all'accoglienza. Sugli stessi temi le istituzioni, nei propri ambiti di
competenza, promuovono iniziative nelle scuole, anche in coordinamento con
associazioni e organismi di settore.
Ricordiamo le vittime dell’immigrazione grazie a un passo del libro
autobiografico di Clariste Soh-Moubé dal titolo “La trappola”:
Eccoli
ancora a contarci con quel loro bastone che mi sfiorava la schiena.
Che
mania era mai quella di contarci di continuo?
Come se
per loro non fossimo che cifre,
un
numero da raggiungere prima di espellerci.
Non
avevo più paura, di niente.
Non
sapevo cosa sarebbe stato di noi.
Nemmeno
l’eventualità di morire mi spaventava più.
Solo le
speranze deposte in me dai miei,
la
sofferenza che avrebbe causato loro se fosse successo,
solo
questo mi preoccupava.
Eravamo
venuti in pace, ma venivamo cacciati come feccia.
Qualcuno
ha detto: “Chi vuole la pace prepari la guerra”.
Questa
non era la nostra logica.
Fin da
piccola avevo imparato che le migrazioni,
come
qualsiasi altro movimento di popoli, esistevano
e
sarebbero sempre esistite.
Gli
spostamenti da una terra a un’altra esistevano dalla notte dei tempi
ed è
dall’esodo rurale che nacque il mondo urbano.
La
gente voleva vivere meglio
e partiva per le città,
convinta di trovarvi una vita migliore.
Dal canto suo la città non aveva mai rifiutato nessuno
col pretesto di essere satura.
Ognuno vi trovava il suo spazio.
Nessuno prendeva il posto a nessuno,
ognuno occupava il suo.
Ero sicura che questo potesse valere anche nell’ambito dell’emigrazione.
Questa guerra inutile era cominciata da tempo.
Per me risale al momento in cui partii per trovare me stessa; ma non
me ne accorsi.
Seduta ai piedi di quel muro invalicabile, di colpo mi sentii bene.
Stavo per tornare nel mio mondo,
in quel film in cui ero l’attrice principale.
Lo scenario non era Hollywood, ma ebbi in quel momento l’impressione
di rivivere,
e questo mi bastava.
Non restava che far ripartire il nastro.
Dal canto suo la città non aveva mai rifiutato nessuno
col pretesto di essere satura.
Ognuno vi trovava il suo spazio.
Nessuno prendeva il posto a nessuno,
ognuno occupava il suo.
Ero sicura che questo potesse valere anche nell’ambito dell’emigrazione.
Questa guerra inutile era cominciata da tempo.
Per me risale al momento in cui partii per trovare me stessa; ma non
me ne accorsi.
Seduta ai piedi di quel muro invalicabile, di colpo mi sentii bene.
Stavo per tornare nel mio mondo,
in quel film in cui ero l’attrice principale.
Lo scenario non era Hollywood, ma ebbi in quel momento l’impressione
di rivivere,
e questo mi bastava.
Non restava che far ripartire il nastro.