giovedì 25 giugno 2015

Caschi blu e stupri: rapporto Onu su quattro anni di vergogna (2010-2013)


Secondo un rapporto stilato dallo Un Office of Internal Oversight Services delle Nazioni Unite, sarebbero ben 480 i casi di violenza sessuale e di sesso in cambio di favori di cui si sono macchiati i caschi blu dell’Onu nel quadriennio 2010-2013. Il Sudafrica ha il maggior numero di accusati, nove, seguito dall’Uruguay (otto), dalla Nigeria (sette), dal Pakistan (quattro) e dall’India (tre). Tutti Paesi in cerca di visibilità internazionale e di fondi, che risultano infatti tra i principali fornitori di soldati ai contingenti Onu. Basti pensare che la sola India – dove il rapporto ha destato molto scalpore – fornisce circa 7.200 elementi delle sue forze armate alle Nazioni Unite come caschi blu.
La cifra – 480 casi – è molto alta, ma purtroppo è probabile che si tratti solo dalla punta dell’iceberg. Questo per diverse ragioni. Innanzitutto, per la consueta reticenza dei comandi a denunciare abusi e violenze da parte dei loro militari. Poi per la paura che molte vittime hanno di denunciare, per le intimidazioni che le vittime subiscono o per la mancanza di testimoni. Non è difficile pensare, vista la quantità degli scenari di guerra in cui i caschi blu sono purtroppo a oggi attivi, che quella drammatica cifra possa essere moltiplicata per dieci, e forse ci troveremmo davanti ancora a un arrotondamento per difetto.
Non è la prima volta che ci troviamo di fronte a fatti del genere e, purtroppo, non sarà l’ultima. I Balcani e la Somalia, tanto per fare due esempi, ci hanno aperto gli occhi sulla vigliaccheria di tanti caschi blu e su come ci sia molto da cambiare.
Sul dramma dello stupro da parte dei militari ai danni di vittime civili, e in particolare su questi atti odiosi compiuti da soldati uruguayani, consigliamo vivamente la lettura di Anahí del mare, di Anna Milazzo (Infinito edizioni).