martedì 20 giugno 2017

Giornata mondiale del rifugiato 2017


Si celebra il 20 giugno la Giornata mondiale del Rifugiato, promossa dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo costretti a fuggire da guerre e violenze e a lasciare i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era parte della loro vita. Le Nazioni Unite sottolineano come sia necessario non dimenticare mai che dietro ognuno di loro c’è una storia che merita di essere ascoltata e hanno lanciato sul web la campagna #WithRefugees, che vuole rendere visibile la solidarietà e l’empatia verso i rifugiati, amplificando la voce di chi accoglie e rafforzando l’incontro tra comunità locali e rifugiati e richiedenti asilo per promuovere la conoscenza reciproca. #WithRefugees è anche una petizione, con la quale l’UNHCR chiede ai governi di garantire che ogni bambino rifugiato abbia un’istruzione, che ogni famiglia rifugiata abbia un posto sicuro in cui vivere, che ogni rifugiato possa lavorare o acquisire nuove competenze per dare il suo contributo alla comunità. Secondo il saggio di Lucia De Marchi “A piccoli passi. Minori stranieri non accompagnati e cittadinanza attiva” l’Unicef, nel rapporto dedicato alla Condizione dell’In­fanzia nel Mondo pubblicato nel 2016, stima che ci siano 31 milioni di bambini che vivono in un Paese diverso da quello d’origine e, di questi, quasi undici milio­ni sono rifugiati o richiedenti asilo, provenienti per la maggior parte dalla Siria e dall’Afghanistan. Secondo le stime dell’Unhcr, dal 2000 al 2015 il numero dei minori rifugiati è più che raddoppiato e nello stesso arco di tempo il totale dei minori migranti è cresciuto del 21%.
La necessità di interventi concreti e urgenti è sottolineata anche dal “Rapporto 2016-2017. La situazione dei diritti umani nel mondo” redatto da Amnesty International che evidenzia, sul tema dei rifugiati, la discrepanza tra ciò che sarebbe necessario fare e le azioni concre­te, così come tra la retorica e la realtà, è stata totale e talvolta sconcertante. Questo è stato quanto mai evidente con il fallimento degli stati che hanno partecipato al summit delle Nazioni Unite - che si è tenuto nel settembre dello scorso anno - su rifugiati e migranti per trovare un accordo per una risposta adeguata alla crisi globale dei rifugiati, che durante l’anno ha assunto dimen­sioni ancora maggiori e carattere di urgenza.
Mentre i leader mondiali non sono riusciti a dimostrarsi all’altezza della sfida, 75.000 rifugiati rimanevano intrappolati nel deserto, in una terra di nessuno tra la Siria e la Giordania.
Le persone originarie dell’Africa Subsahariana costituivano la maggioranza delle centinaia di migliaia di rifugiati e migranti che si erano messi in viaggio verso la Libia, per sfuggire a situazioni di guerra, persecuzione o povertà estrema, spesso nella spe­ranza di transitare attraverso il paese, per poi stabilirsi in Europa. La ricerca condotta da Amnesty International ha rivelato che, lungo le rotte dei trafficanti verso e attraverso la Libia, si sono verificati abusi terrificanti, come violenza sessuale, uccisioni, tortura e persecuzione religiosa.
Dati e testimonianze sono raccolti anche nel libro di Chiara Michelon “La fuga”, dove, con piglio narrativo e discorsivo, l’autrice racconta le vicende di rifugiati oggi in Italia, provenienti da Afghanistan, Iran, Pakistan e Sudan. Le loro storie sono unite dal momento tragico della “rottura”, in ogni Paese avvenuta per cause differenti (attentati, dittature, torture, motivi religiosi o politici, mancanza di libertà), che ha costretto le vittime a fuggire e a intraprendere un viaggio verso un luogo più sicuro. Ogni vicenda è accuratamente inserita nel contesto storico e politico del Paese d’origine e offre un quadro scrupoloso delle principali vicende e cause storiche che hanno portato alla situazione attuale e al dilagare del terrorismo e del fanatismo religioso.