Si
celebra il 20 giugno la Giornata mondiale del Rifugiato, promossa dall’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla
condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo costretti a fuggire da
guerre e violenze e a lasciare i propri affetti, la propria casa e tutto ciò
che un tempo era parte della loro vita. Le Nazioni Unite sottolineano come sia
necessario non dimenticare mai che dietro ognuno di loro c’è una storia che
merita di essere ascoltata e hanno lanciato sul web la campagna #WithRefugees, che vuole rendere visibile la solidarietà e l’empatia
verso i rifugiati, amplificando la voce di chi accoglie e rafforzando
l’incontro tra comunità locali e rifugiati e richiedenti asilo per promuovere
la conoscenza reciproca. #WithRefugees è anche una petizione, con la quale
l’UNHCR chiede ai governi di garantire che ogni bambino rifugiato abbia un’istruzione,
che ogni famiglia rifugiata abbia un posto sicuro in cui vivere, che ogni
rifugiato possa lavorare o acquisire nuove competenze per dare il suo
contributo alla comunità. Secondo il
saggio di Lucia De Marchi “A piccoli passi.
Minori stranieri non accompagnati e cittadinanza attiva” l’Unicef,
nel rapporto dedicato alla Condizione
dell’Infanzia nel Mondo pubblicato nel 2016,
stima che ci siano 31 milioni di bambini che vivono in un Paese diverso da
quello d’origine e, di questi, quasi undici milioni sono rifugiati o
richiedenti asilo, provenienti per la maggior parte dalla Siria e
dall’Afghanistan. Secondo le stime dell’Unhcr, dal 2000 al 2015 il numero dei
minori rifugiati è più che raddoppiato e nello stesso arco di tempo il totale
dei minori migranti è cresciuto del 21%.
La necessità di interventi concreti
e urgenti è sottolineata anche dal “Rapporto 2016-2017.
La situazione dei diritti umani nel mondo” redatto da Amnesty
International che evidenzia, sul tema dei rifugiati, la discrepanza tra
ciò che sarebbe necessario fare e le azioni concrete, così come tra la
retorica e la realtà, è stata totale e talvolta sconcertante. Questo è stato
quanto mai evidente con il fallimento degli stati che hanno partecipato al
summit delle Nazioni Unite - che si è tenuto nel settembre dello scorso anno -
su rifugiati e migranti per trovare un accordo per una risposta adeguata alla
crisi globale dei rifugiati, che durante l’anno ha assunto dimensioni ancora
maggiori e carattere di urgenza.
Mentre i leader mondiali non sono riusciti a
dimostrarsi all’altezza della sfida, 75.000 rifugiati rimanevano intrappolati
nel deserto, in una terra di nessuno tra la Siria e la Giordania.
Le persone originarie dell’Africa Subsahariana
costituivano la maggioranza delle centinaia di migliaia di rifugiati e migranti
che si erano messi in viaggio verso la Libia, per sfuggire a situazioni di
guerra, persecuzione o povertà estrema, spesso nella speranza di transitare
attraverso il paese, per poi stabilirsi in Europa. La ricerca condotta da
Amnesty International ha rivelato che, lungo le rotte dei trafficanti verso e
attraverso la Libia, si sono verificati abusi terrificanti, come violenza
sessuale, uccisioni, tortura e persecuzione religiosa.
Dati e testimonianze sono raccolti anche nel libro
di Chiara Michelon “La fuga”,
dove, con piglio narrativo e discorsivo, l’autrice racconta le vicende di rifugiati oggi in Italia,
provenienti da Afghanistan, Iran, Pakistan e Sudan. Le loro storie sono unite
dal momento tragico della “rottura”, in ogni Paese avvenuta per cause
differenti (attentati, dittature, torture, motivi religiosi o politici,
mancanza di libertà), che ha costretto le vittime a fuggire e a intraprendere
un viaggio verso un luogo più sicuro. Ogni vicenda è accuratamente inserita nel
contesto storico e politico del Paese d’origine e offre un quadro scrupoloso
delle principali vicende e cause storiche che hanno portato alla situazione
attuale e al dilagare del terrorismo e del fanatismo religioso.