lunedì 20 luglio 2015

#MeseDellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/15 - Un capitolo ancora aperto

Un capitolo ancora aperto

Srebrenica venti anni dopo. Che significato ha, in questo specifico caso e momento, parlare di memoria? Sotto certi aspetti, sembra di scorgere alcune analogie con le stragi di casa nostra, ad esempio Piazza Fontana, oppure Ustica, la stazione di Bologna o altre ancora, “maggiori o minori”, di cui non c’è mai stato un vero esito, nel senso dell’accertamento delle responsabilità - tutte le responsabilità - e dell’esatta ricostruzione storica e politica. E quando accade questo, resta sul fondo una “cattiva coscienza”, risulta difficile ricomporre una vera memoria, i ricordi dello strazio che hanno i familiari delle vittime rimangono come frammentati, lutti sospesi o emarginati.
In questi ultimi giorni ci sono stati – su Srebrenica – alcuni episodi che non è semplice decifrare: ad esempio, l’arresto di Naser Oric, qualche voce su una possibile sospensione della commemorazione per il ventennale, poi la presa di posizione dell’Onu sul riconoscimento della definizione di genocidio, la conseguente reazione del governo di Belgrado e l’appoggio di Mosca che ha bloccato il tutto. Insomma, sono la dimostrazione, o la conferma, che Srebrenica non è solo un fatto locale, tremendo e da commemorare o da trattare come un fatto “giudiziario” che deve “limitarsi” al pieno accertamento delle responsabilità. Ci pare invece che Srebrenica abbia una valenza più generale, che riguarda ancora l’intera regione balcanica, e che a questo livello sia tuttora motivo di divisione, o quantomeno di “incomprensioni”. Vi si mescolano “altri piani” che travalicano le vicende delle singole persone coinvolte, il cui dolore dovrebbe essere non solo rispettato ma anche meglio compreso, non per esibirlo in funzione di qualcosa ma per partire da lì, per una rielaborazione e una riconciliazione complessa da costruire. È difficile in poche righe affrontare un tema così delicato e che, ci rendiamo conto di non conoscere in un modo ancora adeguato. Personalmente, per noi che allora siamo stati soltanto spettatori, si avverte il bisogno di tornare ad approfondire, conoscere meglio, tentare di comprenderne i nodi, i “meccanismi” che potrebbero ripetersi ancora, anche in luoghi diversi. E anche, prestare più attenzione ai tentativi di ricostruzione e ripresa che pure sono stati fatti in questi anni, importanti ma spesso, forse, lasciati un po’ isolati. Insomma, Srebrenica ci appare come un capitolo ancora molto aperto.

Tullio Bugari e Giacomo Scattolini