mercoledì 29 luglio 2015

#MeseDellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/22 - Vent’anni anni dopo… Srebrenica

Sono andata per la prima volta a Srebrenica nel maggio del 2013, con un gruppo meraviglioso di persone.
Il mio viaggio per andare “oltre”, perché in alcuni casi, non bastano i libri, i documentari, i racconti di persone che ci sono state. Io sono convinta che in alcuni luoghi, si ha il “dovere morale” di andarci.
Dopo aver visitato Sarajevo e Tuzla ci siamo diretti proprio lì, in questo paesino separato dalla Serbia dal corso della meravigliosa Drina. Arrivati a questa “famosa” enclave che tanto interessava i serbi, ho visto un paese fantasma, poca gente per strada, dove in troppi non hanno lavoro. Non siamo scesi dall’autobus, abbiamo fatto solo un giro del paese passando vicino al campo da basket dove sono stati trucidati i bambini di una scuola durante l’intervallo. Poi ci siamo diretti al memoriale di Potočari e solo allora, in quel posto, ti rendi ben conto di quello che è successo, quelle colonnine bianche, sterminate per una interminabile distanza, ti fanno riflettere. Rifletti su quanto sia stato assurdo che queste persone spinte dall’odio – o per meglio dire dalla sete di potere di altri – si siamo fatti soggiogare così tanto da uccidersi tra di loro. Un piano ben macchinato, perché tanto a morire erano gli altri, uccisi, secondo la logica comune dall’odio religioso, quando la religione non c’entrava assolutamente nulla.
Ogni volta che torno in Bosnia sistemo meglio un piccolo tassello, perché sono troppi i grovigli che hanno alimentato questo odio assurdo verso l’altro, in un Paese che era l’eccellenza della tolleranza e della civiltà. Ora resta solamente desolazione, disperazione, lutti che non possono essere elaborati, perché non si sono ancora ritrovati i corpi di tutti i bosniaci musulmani uccisi e seppelliti nelle fosse comuni.
Come può ripartire un Paese dove non si è fatta giustizia? Credo che la giustizia sia una buona base di partenza, anche per un Paese i cui governanti stanno svendendo il meglio a noi, i Paesi del cosiddetto “Occidente”, per una manciata di monete, lasciando ancora di più le persone nella miseria. Dove la corruzione è a livelli inimmaginabili, ma noi italiani lo possiamo ben capire, perché abbiamo lo stesso sistema. Ci stiamo avvicinando sempre più a quello della ex-Jugoslavia.
Senza giustizia non si va da nessuna parte e senza memoria non si va avanti ma si retrocede solamente.
Parlare del genocidio vuol dire dare ancora una speranza a queste persone, perché una volta persa la speranza, allora si muore veramente.

Nadia Ravioli