martedì 21 luglio 2015

#MeseDellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/16 - Rabbia, indignazione, giustizia e testimonianza

Rabbia, indignazione, giustizia e testimonianza

A vent’anni dal genocidio di Srebrenica, mi spiace dirlo, prevale la stanchezza. Sono sfinito da tutto il dolore che ho conosciuto in questo lasso di tempo lunghissimo eppure anche molto breve. Le immagini si susseguono nella mia mente in ordine sparso. Non sono soltanto immagini tristi, certo: ci sono i volti sorridenti di tanti amici; però, quello che manca è un volto, uno solo, veramente sereno, senza più rimpianti, fantasmi, tormenti a segnarne i contorni.
Non andrò a Srebrenica per l’11 luglio, non ho mai creduto negli anniversari. La Bosnia per me è una seconda casa, anzi forse col tempo è diventata la prima: è in Italia che sono in vacanza. Ed è proprio per questo che eviterò l’11 luglio: so, conosco, cerco per quanto possibile di testimoniare. Sempre, ogni 11 luglio e ogni altro giorno dell’anno.
Ma dico tutta la verità: la stanchezza a volte mi sopravanza e mi gioca brutti scherzi. Come arrabbiarmi quando qualcuno in un dibattito, per l’ennesima volta, sbaglia a pronunciare Srebrenica. Come piangere dopo aver rivisto Dule, il titolare del ristorante dove da anni mangiavo la biftek, nel docu-film Souvenir Srebrenica: Dule che era ritornato a Srebrenica dopo la guerra per aprire il suo locale, e che era in cucina anche quando un infarto se lo è portato via. Come pensare di chiudere il libro delle fosse comuni, degli stupri, degli orfani, del disagio e della miseria una volta per tutte: chiudere il libro, non pensarci più, far finta di niente.
Ma non chiuderò nessun libro, continuerò a sentirmi stanco e impotente ma non smetterò di fare la mia parte. Non darò questa soddisfazione ai bastardi di Sarajevo magistralmente raccontati da Luca Leone. Un solo senso mi sento di dare a questo ventennale: che sia un ventennale di rabbia e indignazione. Non di violenza, non di vendetta, ma intriso dalla sete di giustizia: racconteremo, testimonieremo, non dimenticheremo. Mai. Il rischio che non serva a nulla, alla luce di questi vent’anni, è altissimo, ma non importa: continueremo a farlo ugualmente.

Matteo Pagliani