mercoledì 1 luglio 2015

Srebrenica, quando il negazionismo in Serbia vince a scuola e all’università

Circa 1.300 studenti serbi hanno firmato una petizione per chiedere al primo ministro di Belgrado, Aleksandar Vučić, di non recarsi a Srebrenica l’11 luglio prossimo per il ventennale del genocidio.
Le ragioni della petizione – il solito minestrone di luoghi comuni che da anni viene ripetuto come un disco rotto dagli appartenenti all’estremismo di destra serbo – sono state spiegate alla stampa serba da un rappresentante di questa singolare protesta, tale Nenad Uzelac, studente – o almeno sedicente tale – della facoltà di Scienze politiche di Belgrado: “L’Occidente, iniziatore principale di tutte le guerre e principale colpevole per le centinaia di migliaia di morti e per milioni di sfollati, doveva trovare i serbi colpevoli per nascondere il suo ruolo in questi eventi. In questo processo, l’importante è convincere la gente in Serbia che era l’unico colpevole e che, pertanto, deve sopportare le conseguenze e accettare tutto ciò che l’Occidente sta facendo contro i suoi interessi nazionali”, ha detto il giovane nazionalista, aggiungendo che “l’Occidente investe milioni di euro nel cosiddetto settore non governativo e nel settore dei media, il cui ruolo è quello di mettere di fronte il popolo serbo con la sua presunta colpevolezza”. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, se si escluda l’evidenza che la propaganda estremistica dell’universo ultranazionalista e fascista serbo comincia a dare i suoi frutti anche tra i più giovani, per quanto 1.300 firme siano una cifra risibile, che andrebbe poi scremata da coloro che hanno firmato consapevolmente e chi lo ha invece fatto per mera emulazione.
Insomma, come riferisce il “Serbian Monitor”, secondo lo studente belgradese la decisione del quarantacinquenne primo ministro di andare a ricordare le vittime di Srebrenica provocherebbe la “demonizzazione della gente serba tramite la visita potenziale a Potočari, l’11 luglio, la quale potrebbe avere conseguenze di vasta portata per la gente serba”. Che cosa si intenderà mai con la locuzione “vasta portata”? Ad esempio, una presa di coscienza delle responsabilità dei governi serbo e serbo-bosniaco di allora e delle immonde attività poste in essere dai paramilitari al servizio dei governi presieduti da Slobodan Milošević e dalla sua marionetta col senso dell’onnipotenza Radovan Karadžić? Potrebbe essere una prima ipotesi…
Quel che è certo è che si tratta di una sortita elettorale di pessimo gusto nella quale ha probabilmente una sua parte Vojislav Žeželj, l’estremista anti-croato, anti-musulmano, anti-europeo e anti-statunitense recentemente liberato per motivi umanitari (presunto cancro alla prostata) dal Tribunale penale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia (Tpi) nonostante dal 2012 si stia attendendo la lettura della sentenza di primo grado per le gravissime accuse che gli sono state mosse.
Ancora una volta, insomma, intorno ai morti – musulmani e serbi, e sommandoli si arriva facilmente a parlare di 15.000 vittime di entrambe la parti nel periodo 1992-1995 – di Srebrenica si sono messi a lavorare dei rimestatori d’odio, di nagazionismo e di violenza. Solo un’adeguata e consapevole presa di coscienza culturale potrà salvare la Serbia e il bel popolo serbo da se stessi e dal ridicolo. Serviranno generazioni e generazioni, ammesso che qualcuno prima o poi voglia davvero cominciare. Intanto un’altra generazione è stata colpevolmente perduta.